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6 Archivio di Stato del Canton Ticino, Bellinzona (d’ora in poi ASTI), Fondo «Internati, 1943-1945». I dossier ivi conservati sono circa 13’000.

7 Quarantun donne di età compresa tra i 23 e i 40 anni; ventisei tra i 41 e i 66 anni; di una persona anziana non si conosce la data di nascita.

8 I rifugiati potevano essere liberati dai campi di internamento e ricevere un permesso di alloggio presso dipendenti di lavoro, alberghi o presso privati. Per ottenere la liberazione, era tuttavia necessario dimostrare l’autosufficienza finanziaria oppure presentare un garante morale e finanziario che si impegnasse a pagare le spese di vitto e alloggio.

9 Le condizioni di accoglienza per le ex-svizzere furono molto dure al confine con la Germania, come lotfurono probabilmente anche in Ticino, prima delle nuove norme stipulate nei loro confronti. Cf. Broda (vedi nota 2), p. 253.

10 «Instructions concernant le refoulement ou l’admission des étrangers qui entrent clandestinement en Suisse», inviate dal Dipartimento federale di giustizia e polizia di Berna, 23 dicembre 1942. In: ASTI, Fondo «Polizia politica», scatola 94.3.2.

11 «Istruzioni relative ai profughi dall’Italia», inviate dal Dipartimento federale di giustizia e polizia, Divisione della polizia (Berna) «Ai comandi delle gendarmerie di tutti i cantoni. Alla direzione generale delle Dogane svizzere e direttamente alle direzioni circondariali delle Dogane», 14 settembre 1943. In: Ibid.

12 «Destiné uniquement aux autorités. Instructions du département fédéral de justice et police concernant l’hébergement des réfugiés du 20 mars 1943». In: Ibid.

13 AFS, E 2001 (D) 1000/93, vol. 236, Rapporto del capo della DAE, dicembre 1939.

14 Ibid., p. 218.

15 Ibid. Cf. M. Fahrni, Le problème des Suisses de Vétranger. Aspects économiques et sociaux, Losanna 1973, p. 118. Quest’ultimo segnala il numero di rimpatri avvenuti di anno in anno tra il 1939 e il 1945: 524 nel 1939, 362 nel 1940, 467 nel 1941, 394 nel 1942, 711 nel 1943, 688 nel 1944 e 410 nel 1945.

16 AFS, E 2001 (D) 1000/93, vol. 236, Lettera del console generale di Svizzera Bavier alla legazione di Roma, 11 maggio 1939.

17 Ibid., Lettera di Biaggi all’Ufficio federale dell’Industria delle Arti e Mestieri del lavoro, 21 giugno 1939.

18 Cerutti (vedi nota 1), pp. 218-220.

19 Ibid., Lettera della legazione di Svizzera alla DAE, 14. 9. 1943; Lettera del Consolato svizzero di Firenze ai membri della propria colonia, 22 settembre 1943 e articolo «Ankunft von Schweizern aus Italien», Neue Zürcher Zeitung, 7 ottobre 1943.

20 Ibid., Lettera di Jenner alla legazione svizzera di Roma, 18 settembre 1943.

21 Ibid., Lettera di Jenner alla legazione svizzera di Roma, 2 settembre 1944.

22 Ibid., Ordine di polizia no 5 del Ministero dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana.

23 AFS, E 2001 (D), vol. 173, Lettera della legazione svizzera di Roma alla DAE, 14 settembre 1938. I cittadini elvetici che non appartenevano alla religione ebraica potevano richiedere al Servizio di Stato civile del Dipartimento federale di giustizia e polizia (Berna) un atto di famiglia in cui fosse stabilita la loro «arianità». La legazione di Svizzera segnalò però ai consolati, in una circolare del 20 dicembre 1938, di non utilizzare termini razziali quali «ariano» o «razza israelita»: visto che in Svizzera non esisteva una legislazione basata sull’appartenenza razziale, le autorità elvetiche si sarebbero infatti limitate a dichiarare l’appartenenza religiosa dei propri concittadini. Cf. AFS, E 2001 (D) 1000/93, vol. 236. Di questi anni è pure la questione legata alle Scuole svizzere e alla decisione da parte della DAE di non accettare le iscrizioni di troppi studenti ebrei non svizzeri per non alienarsi le simpatie degli italiani e quindi incorrere in assenteismo che avrebbe provocato ingenti perdite finanziarie. Cf. Ibid., Lettera alla legazione di Roma, 17 settembre 1938.

24 AFS, E 2001 (D), vol. 173, Lettera di Feldscher (DAE) alla Divisione della polizia del Dipartimento federale di giustizia e polizia, 9 novembre 1938.