Page:Labi 1997.djvu/113

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delle forme di influenza della guerra. Considerati gli aspetti appena citati possiamo costatare che nella propria totalità la guerra colpì in maniera più significativa le aree di confine (la contea di Gorizia-Gradisca, il Trentino, l’Alsazia, la Lorena, la Galizia), in cui rivelò i propri aspetti più crudi e più brutali. L’identità nazionale costituisce in tale contesto un ulteriore elemento che concerne sia la militarizzazione della vita quotidiana (l’attuazione delle misure disposte dalle autorità militari, le requisizioni...) che il movimento della popolazione nelle zone di confine. Ai margini occidentali dell’area etnica slovena ciò si manifestò durante la guerra soprattutto nel rapporto ostile espresso sia da parte degli Italiani che da parte degli Austriaci nei confronti della popolazione slovena (arresti, internamenti).

La guerra sul fronte dell’Isonzo provocò un movimento migratorio ramificato della popolazione civile. La linea di combattimento determinava la direzione dell’evacuazione. Le autorità austriache trasferirono la popolazione slovena (circa 80’000 persone) dal lato sinistro del fronte alle zone della Kranjska (Carniola), della Stajerska (Stiria) inferiore e della Koroska (Carinzia) e nei campi profughi dell’Austria inferiore. Le autorità italiane di occupazione evacuarono invece circa 12’000 Sloveni dal lato destro della linea di combattimento alle zone interne del regno.

La seconda ondata migratoria avvenne dopo l’occupazione italiana di Gorizia, nell’agosto del 1916. Nel 1917 gli eventi bellici provocarono altre due ondate di profughi: la prima in agosto dopo i successi italiani sulla Banjška pianota e la seconda nell’ottobre dello stesso anno dopo lo sfondamento dell’armata austro-tedesca, che causò lo spostamento della popolazione friulana. Alla fine della guerra un nuovo flusso di profughi abbandonò i territori occupati per riversarsi nel nuovo stato jugoslavo, dopo la proclamazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni avvenuta il 1 dicembre 1918.

Di regola le autorità italiane ordinavano l’evacuazione della popolazione civile per ragioni di sicurezza in un raggio di 500 metri dalla zona delle operazioni, ad ogni modo in alcuni casi lo svuotamento dei villaggi sloveni venne dettato pure da ragioni politiche. Quest’ultime risultarono particolarmente evidenti quando vennero arrestati ed internati i sacerdoti, i maestri ed i sindaci sloveni (e friulani), quella parte della popolazione quindi che costituiva l’elemento portante della sua forza politica e spirituale. Il 4 giugno 1915 l’esercito italiano decimò la popolazione dei villaggi ai piedi del Krn, accusata di aver sparato ai soldati italiani che di fatto fuggivano dal fronte a causa dei cruenti combattimenti sul massiccio del Krn. Si tratta - oltre ad un altro episodio av-

SVOLJSAK: LA PRIMA GUERRA MONDIALE
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