Ore di città/33

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Ore di città/33  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

«Peppino! Mascalzon!»

Perché crede che abbia fatto qualcosa e che si meriti delle parolacce? Macché! È tanta la simpatia che ispira che perdon la testa e gli tiran dietro degli insulti, gli lanciano degli improperi, proprio come la signora Carla che abbracciava il povero Sergino così stretto da fargli male. Da Villa Daverio, sua patria, è venuto a Milano a far campagna. La sua mamma tiene aperta la casa dei signori. A Villa i nonni di Peppino hanno su una trattoria e lui non se lo dimentica neanche qui tanto che in portineria chiede se non c'è il mezzo di avere un marsalino! A quattr'anni Peppino è tarchiatello, ma la bocca sempre mezzo aperta; non per parlare, ma in attesa delle cibarie. La sua vita è orientata verso l'alimentazione. A cementare il caffè e latte colla pasta asciutta del mezzodì alle dieci e mezzo mangia pane e cioccolatta; alle quattro manda giù una semolina così spessa da impastare l'anima col corpo. I confetti degli sposi Giussani a uno a uno se li è mangiati tutti lui. Quando non ce ne sono stati più, i suoi sguardi son diventati insistenti e indiscreti e siccome non valevano né parole né gesti da consummatum est mi sono deciso a render costante la consuetudine e nell'impossibilità di aver sottomano un altro matrimonio ho sostituito i confetti nuziali con le caramelle del droghiere. Quando Peppino ebbe in mano il pacchetto, si ritirò precipitosamente in casa e non ne uscì che dopo due ore con un'aria piuttosto disgustata. Al tribunale materno non seppe poi dar conto del contenuto del pacchetto e gli venne applicato il Convenant sull'articolo sedici! Chiuso il periodo sanzionista, Peppino tornò alle mie finestre e fece dei saltini per guardar dentro se ci fosse qualcuno: «Al gh'è mia l'avocat?» C'ero e ho mangiato la foglia, ma il secondo pacchetto di caramelle venne consegnato alle genitrice per il razionamento. Peppino ha trovato una lumaca tra l'erba e me la porta. La metto sul Codice di Procedura Civile e aspetto che si muova. Non si muove. La bestiola è in casa e non esce. Allora le canto la canzonetta francese: Bête, bête aux cornes, montre moi tes cornes si non je te casse ta maison Peppino mi guarda stupito: ma come, a Milano parlano così? ...Bête, bête aux cornes, montre moi tes cornes... La cantilena che si ripete ininterrottamente e lo circonda di un'onda melodica, comincia a lasciargli intravedere un significato. Gli occhietti diventano furbissimi. Nelle parole cornes e si non Peppino intuisce che c'è un invito e una minaccia... poi si irradia; ha afferrato finalmente che si allude alle corna e al guscio! Proprio in quel punto la lumaca mette fuori la testa e comincia a strisciare adagio... adagio sulla copertina del Codice.