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Le cittadine ex-svizzere residenti in Italia

Tra il 1943 e il 1945 il Comando di polizia del Cantone Ticino registrò 68 ex- cittadine svizzere che tornarono in patria.[6] Si trattava di cittadine di origine ticinese ma ormai italiane (tranne il caso di una cittadina argentina e di due tedesche), di età compresa tra i 23 e i 66 anni,[7] per lo più casalinghe (fanno eccezione due insegnanti, due sarte, una contadina, una domestica, una sigaraia, un’impiegata, un’operaia e un’acrobata). Una quarantina di loro erano domiciliate in Lombardia, quasi tutte avevano in Svizzera dei parenti e molte di loro (35) i genitori: grazie alla loro garanzia, 55 di esse furono «liberate».[8] I motivi che spinsero queste donne a raggiungere le proprie famiglie abbandonando il domicilio in Italia furono varie: un terzo di esse addusse una motivazione politica, ovvero la necessità di fuggire dalle rappresaglie a causa della collaborazione del marito o di un figlio con i partigiani; una decina di donne, rimaste sole in Italia, vollero poi raggiungere i propri famigliari o ricongiungersi ai mariti internati in Svizzera; altre ancora decisero di rimpatriare per fuggire dai bombardamenti, che ad alcune di loro avevano già distrutto la casa, o per motivi di salute; solo due persone infine dovettero fuggire dalla persecuzione antisemita. Esse furono inizialmente sottoposte alle medesime condizioni degli stranieri, godendo solo in seguito di condizioni privilegiate rispetto agli altri rifugiati.[9] Nel dicembre 1942 le autorità cantonali definirono infatti «troppo duro» il respingimento per le ex-cittadine svizzere[10] e, nel settembre 1943, decisero di accoglierle insieme ai loro figli, anche qualora fossero sprovviste del visto,[11] autorizzandole a risiedere presso parenti di nazionalità svizzera con un permesso di tolleranza (previo accordo del cantone).[12] Le donne ex- svizzere rimaste vedove poterono inoltre riacquisire la cittadinanza elvetica grazie alla legge sulla Reintegrazione.


Gli svizzeri verso il rimpatrio a causa della disoccupazione prima, dei bombardamenti poi


Nel dicembre 1938, risiedevano in Italia circa 16’700 svizzeri.[13] A titolo provvisorio, allo scoppio del conflitto furono mobilitati circa 700 svizzeri risiedenti in Italia.[14] Dai documenti diplomatici consultati, possiamo poi definire diverse fasi che spinsero circa altri 3500 cittadini elvetici a un rimpatrio di maggiore permanenza, nel corso di tutta la guerra.[15]

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Histoire des Alpes - Storia delle Alpi - Geschichte der Alpen 2009/14