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ultimi dieci o quindici anni le antiche forme di mobilità del lavoro caratteristiche delle alte terre europee si sono riproposte all’attenzione degli studiosi dei fenomeni migratori, che con sorpresa hanno constatato che queste migrazioni risultano - tipicamente - già documentate in epoca remotissima, rivelano inattesi elementi di continuità nel lungo periodo e si dimostrano restie a farsi incasellare nelle tipologie e nelle predizioni dei teorici della «transizione migratoria» e della modernizzazione. Come è stato giustamente osservato da più parti,[6] gli studi internazionali sulle migrazioni hanno ricevuto stimoli teorici e metodologici inattesi dall’emergere, in questi ultimi anni, di quello che si è soliti definire il «modello alpino» - un modello interpretativo che invita il ricercatore a respingere ogni spiegazione fondata su un’unica causa o su una rigida delimitazione spaziale e temporale dei fenomeni migratori.[7] E’ appena il caso di ricordare che già nel 1948 Paul Guichonnet aveva osservato che l’emigrazione alpina sembrava essere stata in larga misura émigration de qualité,[8] e che nel 1970 Jean-Pierre Poussou aveva suggerito che le migrazioni dalle montagne erano da vedersi come emigrazioni del mieux-être piuttosto che come fughe dalla povertà: le sue cause, aveva scritto Poussou, «possono, a prima vista, apparire semplici: miseria e sovrappopolamento.

Ma quando si scava un po’ di più, ci si rende conto che la realtà è assai più complessa.»[9] La validità di questo ammonimento è stata ampiamente confermata dagli studi più recenti, che non hanno portato alla luce movimenti disordinati, dettati dal bisogno di sopravvivere in qualche modo, bensì «una circolazione di uomini che avevano progetti, disponevano spesso di risorse, e approfittavano dei margini di scelta concessi loro dai poteri dominanti».[10] Inoltre, ed è questo il punto su cui mi soffermerò qui maggiormente, sembra sempre più difficile vedere nell’emigrazione alpina la semplice espulsione o esportazione di un’eccedenza demografica.


SCENARI DEMOGRAFICI


Ancora una ventina di anni fa era convinzione diffusa che prima delle trasformazioni recenti la demografia delle Alpi fosse stata «di tipo primitivo», non dissimile da quella di molti paesi del Terzo Mondo. Si riteneva che a causa dell’asprezza del clima e dell’ambiente, dell’isolamento e della povertà, la mortalità (sia infantile sia generale) fosse stata inevitabilmente

VIAZZO: MIGRAZIONE E MOBILITÀ IN AREA ALPINA
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