Ore di città/44

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Ore di città/44  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

San Bernardino alle Ossa[edit]

... già, alle Ossa e non San Bernardino dei Morti come lo chiamano, ma alle Ossa com'è il suo vero nome e dunque, peggio ancora. I teschi lucidi color marrons glacés, formano due grandi croci di qua e di là dell'altare e si intravedono dietro grigie grate di ferro. Negli spazi fra braccio e braccio di croce si stipa un ossame minuto e terroso.

«Mariae perdolenti». L'altare è dedicato alla Vergine in dolore. Arde notte e dì per molte fiammelle e lumini bianchi e rossi. In chiesa c'è un calore umidiccio, quasi animale e un sentor di cera fondente. La porta d'ingresso cigola nell'aprirsi e cigola sempre. Si ferma poco la gente: viene e va, una visitina in piedi e via. I cigolii e i bisbigli sono punteggiati, spesso, dal tintinnar di monete che cadono nei bossoli dell'elemosina. Son tante le fessure per gli oboli. In ogni panca ce ne son sei in fila ed altre ne trovi alla porta e all'altare.

Guardo le fiammelle che palpitano in cima alle candelette. Più mi attirano quelle che stanno per spegnersi, implorano ancora, implorano sempre!

A questo altare della Madre dolente non si rivolge soltanto la gente del popolo. No. Ecco là, per esempio, un signore, guardalo; è un vero signore, in pelliccia. Mi ha scorto e ora è incerto, vorrebbe andar via... ma no... rimane. Non prega però o perlomeno non sembra che preghi. Poi fa qualche passo avanti, si ferma alla balaustra. Furtivamente, quando la donnetta in faccende intorno ai suoi lumini gli è passata accosto, le ha dato qualcosa ed anche la sua candeletta - la vedi? - s'è unita al coro delle implorazioni... Il signore elegante retrocede a lenti passi verso la porta. Si ferma, è sempre incerto, poi esce senza segnarsi. Chi sarà? Che vorrà? Concludo: Tutti i ladron Gh'àn la soa devozion. A questo altare della Vergine dolorosa è legata una tradizione gentile. Qui vengono gli amanti che non possono altrimenti legalizzare la loro unione e alla Madre di Dio offrono in silenzio la loro pena d'amore e si accusano forse e si scusano di non potersi lasciare. Costoro non hanno grazie da chiedere, non accendono candelette, sanno che il loro peccato è grave e che la Chiesa non lo può perdonare ma sotto gli occhi della Morte che li fissa colle sue cento occhiaie cave, sembra loro di trovar quella pace, quella comprensione che il mondo rifiuta.

All'altare della Madre in pianto alcuni chiedono umilmente una grazia, altri pretendono un miracolo. Portano da casa una cuffietta, un fazzoletto, un indumento qualsiasi di un loro caro bisognoso d'aiuto. Lo porgono alla poveretta de la gesa che lo mette a capo di un bastoncino e lo passa e lo ripassa davanti al vetro dell'immagine santa. Così mutato in reliquia nel concetto del popolo, il fazzoletto, la cuffietta, torna a casa. Se il miracolo poi non si compie vuol dire o che la fede non era salda abbastanza o che esso non era né utile né desiderabile per il bene spirituale del postulante.

Alle pareti intorno pendono gli ex voto delle grazie largite. Cuori d'argento, ingenui quadretti di stile quasi Novecento. Ce n'è uno che rappresenta un chirurgo che sta operando e non riesce. Ma la Vergine appare in uno squarcio della parete a sinistra avvolta nel suo mantello blu madonna e la corona in capo. Chissà? Forse sarà stato questo un qualche «bel caso» che avrà formato oggetto di relazione stampata a un congresso chirurgico... «... mi compiaccio di segnalare, onorevoli colleghi...» ...ma il quadretto del semplice artista segnala ben altro intervento di quello chirurgico, attesta ben altra fede che nella scienza!

E così, qualche volta, ma di rado, la Vita vince la Morte ma ahimè! è sempre per poco.

Nella piccola chiesa tutto parla delle sue vittorie. A sinistra di chi entra si può meditare su una vecchia stampa. La Vittoriosa ha in una mano la falce per la mietitura e nell'altra la clessidra e la mostra a una specie di finestra alla quale si affacciano - orribile vista - quarantasette teschi in cinque file sovrapposte! Con un piede la Morte calpesta una pergamena e alcune monete cosparse. «Il Tempo è vicino - sembra ammonire - il bulbo superiore della clessidra è già vuoto, tutto è fluito giù...» Silenzio... aerei bisbigli... cigolii della porta che s'apre... si chiude... e di quando in quando il tintinnar degli oboli nei bossoli...

All'altare una candeletta s'è tutta consunta, muore... Il lucignolo fumiga lungamente e puzza. La poveretta de la gesa accorre e lo porta via... Ritorna e a una nuova offerta prende un'altra candela, l'accende e la pone al posto di quella che or ora s'è spenta.