Ore di città/23

From Wikisource
Jump to navigation Jump to search
Ore di città/23  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

Spropositi da cavallo[edit]

A Milano non ci sta più. S'è ritirata da tempo al suo paese alla Bassa ove ha la mamma inferma e ottantenne. Viene in città un paio di volte all'anno a portarmi per la sollecita riscossione le poche cedole della sua rendita e per andare «in vecchiaia». Secondo la Margherita andare «in vecchiaia» vuol dire recarsi a la Cà di bolitt e cioè a quel magnifico palazzo a statue, a colonne e a marmi che è sorto in piazza Missori. Ci va per regolarizzare il libretto di previdenza coi bolitt, colle marche mancanti, m'intendo. Quel libretto è per la Margherita una speranza e un ricordo. Spera, quando ne avrà diritto e se non morrà prima, di poter vivere anch'essa un pochino a carico altrui e poi tutte quelle marchette arancione la legano al suo passato, alla sua lunga vita di donna di servizio.

Da noi, in via Olmetto, rimase trent'anni.

Foggiava il mondo a suo modo e il vocabolario pure. A leggere e a scrivere imparò da sé. Non ebbe maestri e non accettò mai né consigli né correzioni. Non ammetteva di poter sbagliare. Il mondo era il suo mondo, l'altro lo rifiutava. Ai libri che le capitavan fra mano spesso mutava i titoli, non di fantasia, ma secondo una sua logica. Invece di «Tristi amori» leggeva: «Tristi a morir». «Ma no - le dicevamo - non è scritto così; c'è scritto: 'Tristi amori'».

«No, no (rispondeva) l'amor l'è minga trist, l'è la mort che l'è trista...» ... e quindi... «Tristi a morir!» Al tempo della grande guerra il «Prestito Consolidato» si mutò per lei in «Prestito col soldato». Consolidato? Alla Margherita questa parola non piaceva, non era chiara. «El prestit - affermava - el se fà per tegnì dur...» ... per la resistenza nazionale, per i soldati, ed ecco quindi la denominazione giusta e nuova: «Prestito col soldato!» Suo fratello intanto era in trincea sul Carso. Quando vide i primi prigionieri tedeschi si stupì di loro e ce lo scrisse prima e ce lo disse poi:

«Hin omen come num».
Eh già! Come vuole che siano?»
«Ma no, se m'aveven ditt ch'in crapôni».

Capite? Lui credeva di vedersi davanti degli uomini colla testa più grande, dei testoni! Avevo preso la parola «crapôni» alla lettera e non in senso figurato di gente cocciuta, di teste dure!

Un giorno, in altri tempi - faceva il muratore - gli avevan dato qualcosa per comperarsi a Milano la «micca e el formaj» e lui si era fermato davanti a una farmacia a sillabare l'insegna: «Chi - mica...» (voleva sapere, leggendo, se andava bene andar dentro lì a chiedere quello che gli abbisognava) «... Chi - mica... Far... for... - insomma - ... formaj!...» invece di «Chimica farmacia» aveva letto: «Chi - mica e formaj» e, bene inteso, si decise per l'acquisto in quel negozio.

Alla Margherita si diede una volta un biglietto da recapitare in via Carlo Alberto alla signora Ada Torre. Lei andò, stette via un quarto d'ora, poi tornò indietro:

«E inscì?»
«El gh'è minga!»
«Chi?... el gh'è minga!»
«El scior dottor!»
«El scior dottor? Ma ti... de chi l'è che t'ee ciamaa?»
«Del scior dottor!»
«Ma el bigliett? Cossa ghè scritt sul bigliett?»
«A dottore!»
Vedete un po'! Invece di Ada Torre aveva letto: A dottore!
Poi ce n'è un'altra.

Nella nostra porta c'era un vecchietto, molto vecchio che abitava al terzo piano in faccia a noi. Era un certo signor Lainati infermo da anni che, muori oggi, muori domani, insomma non moriva mai. Una sera, invece del signor Lainati... chi è? Che c'è? Arriva un telegramma. È morto lo zio Ignazio.

Mia madre dice alla Margherita:

«Va subito dallo zio Cecco ad avvertirlo che è morto lo zio Ignazio». Nessuno saprà mai con precisione cosa sia avvenuto nella testa della Margherita durante il tragitto da via Olmetto a piazza della Scala. Fatto sta che arriva all'uscio dello zio, suona il campanello, entra come una bomba in sala da pranzo - loro erano a tavola - e spara la sua notizia:

«È mort el scior Lainati!»
«El scior Lainati?!»

Lo zio Cecco guarda la zia Rosa, la zia guarda la Livietta... «Lainati? Chi l'è?...» e poi... giù tutti a ridere! La Margherita resta di stucco! Ma come? Muore un parente e loro ridono?!...

Quando venne da noi di prima mattina col suo fagottello, non lo mise giù senza fare una premessa: «Mi stoo chì fin che gh'òo l'età de andà a servì un pret».

Passarono vent'anni e - puntuale - raggiunta l'età canonica, mantenne la promessa.

Ma dal prete restò poco; tornò da noi. Non era andata d'accordo colla «poveretta de la gesa».

Tanto per chiudere cogli spropositi dirò che il «Circolo d'alta Coltura» di via Amedei per lei - donna di campagna - non poteva esser altro che... «l'Agricoltura», che una raccolta di quadri di Mosè Bianchi, sapendo che le opere d'arte vanno a finire nei Musei, divenne addirittura un «Museo Bianco» e che una nostra amica pittrice fu battezzata dalla Margherita la «sciora di vernis»! Quando viene a Milano per andare - come v'ho detto - «in vecchiaia» e per riscuotere le cedole, se non mi trova si ferma in portineria. Credo che in cinque minuti di permanenza anche i tre gatti finiscono col sapere di me vita morte e miracoli e che a lei per conto suo sono svelati gli interessi e i misteri di tutta la porta. Poi andiamo tutti e due alla Banca Ponti per le cedole. Là me le pagano senza bisogno di distinta e la Margherita compensa la correntezza bancaria presentandomi sotto nuova veste: «Quest chì l'è el mè signorino!»

Ho i capelli bianchi e temo di farci una ridicola figura.