Ore di città/19

From Wikisource
Jump to navigation Jump to search
Ore di città/20  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

In altoparlante[edit]

Come al solito cammino parlando da solo, senza veder nessuno, vado là come i brumisti nella nebbia fatti su a due o tre giri nei loro mantellacci e col cilindro sul naso.

Al crocicchio di porta Romana, mi fermo davanti ai chiodi perché devo attraversare.

Fermandomi, mi desto.
Viene da non so dove una voce piangente:
«... Vere quia dignum et justum est, aequum et salutare...»
... quella voce, lagrima cantando...
«... nos tibi semper hic et ubique gratias agere...»
Ah, capisco! È la Messa solenne che tutte le domeniche a quest'ora trasmettono da Firenze...
«... Domine sancte, Pater onnipotens, aeterne Deus...»

Mi guardo intorno per capire esattamente da dove viene il canto. Da quel bar? Da quelle finestre al primo piano? È impossibile rendersene conto. Hic et ubique, quivi e dovunque, l'aria è impregnata di mottetti latini. Invece di attraversare la strada ascolto la Messa dal marciapiede. Ho già sentito la mia, veramente, ma ne ascolto un'altra lo stesso per quanto sappia che non vale. E se non vale - mi chiedo - perché la trasmettono? È forse uno spettacolo ricreativo? «... Per quem Majestatem Tuam laudant Angeli, venerantur Archangeli...»

Distratto, leggo i manifesti sui muri:

SAGGIO
GINNICO-MOTONAUTICO

E più in là, vicino alla farmacia:
LE VIE DELLA GLORIA
Una ragazza color cioccolato, gambe e braccia nude e in zucchetto rosso ride provocantemente mostrando i denti bianchissimi; sotto c'è scritto:
LEVANTO
AZIENDA AUTONOMA

«... Principatus et Potestates adorant...»
Dall'arruffata matassa dei discorsi collettivi, traggo un filo...
«pensa ch'el m'à ciamaa cent vint franch al meter...»
«e l'era alta?...»
«settanta...»
«che lader!»
«... cum quibus et nostras voces...»
Il vigile si volta e apre le braccia. È una bianca croce in mezzo la strada!
«... supplici confessione dicentes...»
Giovanni Pascoli ha cantato:
non mescerai la polvere all'idea.
Mi sembra che i mottetti del Sanctus si intridano qui del fango della strada.