PREFAZIONE
Ho scritto la prefazione ai versi italiani di Carlo Malinverni. Scrivo quella ai versi genovesi.
Sono fra gli amici che l'hanno incuorato a raccogliere anche le sue rime in dialetto, mosso, oltrechè dal bene che voglio al poeta, dal bene che voglio alla poesia genovese e a questo dialetto obliato e sconosciuto, come in genere tutto ciò che si riferisce all'arte genovese.
Stolta fama dice i genovesi soltanto mercanti. Nelle lettere, nelle scienze e nelle arti produssero poco, non perchè scarsamente dotati del senso del bello e dell'amore del vero, ma perchè generalmente assorbiti in una vita febbrilmente attiva che non lascia tempo all'ozio dello scrivere. Così a mia memoria due grandi giureconsulti genovesi, il Cabella e l'Orsini, lasciarono poco o nulla di scritto, mentre gl'imberbi professorelli d'università d'oggigiorno stancano le rotative.
Quelli che leggeranno questa raccolta di poesie si accorgeranno facilmente che per la nobiltà dell'intento, la consistenza del contenuto, il Malinverni va innanzi ad ogni poeta genovese. La poesia genovese, petrarchesca con Gian Giacomo Cavalli, non ha viscere neppure con Martin Piaggio.
Solo forse in alcune favolette dell'Esopo il signor Regina raggiunse un notevole grado di eccellenza artisti-