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Page:Labi 2009.djvu/53

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propria esperienza di una vita di lavoro all’estero, un emigrante trentino avrebbe scritto: «I nostri connazionali erano gente che sfidavano il mondo, e non aveva paura del lavoro, favano di tuto di quello che si trovava basta far soldi in poco tempo da poter ritornare a casa sua con le sue famiglie, e coltivare le loro campagne nei suoi paesi nativi.»[12]

L’esperienza dell’emigrazione trentina e valtellinese in Australia risulta particolarmente significativa, perché questa destinazione, lontana e percepita come inospitale, venne adottata per un progetto migratorio temporaneo in misura maggiore di tutte le altre. Le lettere degli emigranti dalla Valtellina in Australia, raccolte da Jaqueline Templeton e delle recenti ricerche sull’emigrazione trentina in Australia, costituiscono quindi una formidabile documentazione della persistenza nel corso del Novecento di un sistema migratorio incentrato sul ritorno, anche se le assenze erano necessariamente pluriennali.[13] Queste indagini ci forniscono una serie di notizie assai utili per la comprensione dei progetti sottesi all’esperienza migratoria e di come essa prevedesse il ritorno come sua naturale conclusione.

Il confronto fra i progetti e le propensioni al ritorno degli irlandesi in Australia studiati da David Fitzpatrick, con quelli dei valtellinesi, ci permette di valutare le differenze di attitudine nei riguardi del ritorno.[14] Anche se, va detto, anche nelle lettere irlandesi analizzate da Fiztpatrick l’idea di ritorno è assai più presente di quanto non lo sia negli stereotipi dominanti sull’esodo irlandese, di solito considerato come bridge-burner. L’aspetto più significativo degli epistolari valtellinesi è costituito non solo dalla riproposizione immutata nel tempo di un modello migratorio circolare, ma anche dalla circostanza che tale modello si applicasse a una rotta tanto lontana come quella australiana, a ulteriore smentita di ogni possibilità di incasellare l’emigrazione transoceanica nella categoria dell’esodo definitivo.

Può essere interessante paragonare l’esperienza di tre emigranti valtellinesi che ho selezionato perché appartenenti a coorti generazionali assai distanti. Il primo, Pietro Bombardieri, nato nel 1842 a Madonna di Tirano da una famiglia di proprietari terrieri non poveri, arrivò la prima volta a Melbourne nel febbraio del 1872, per tornarvi altre due o più probabilmente tre volte, in compagnia del fratello della moglie e lavorando nelle miniere Walhalla, per fare ritorno definitivamente a casa nel 1887 o 1888, dopo avere risparmiato tanto da poter ampliare e razionalizzare i vigneti di sua proprietà. Un secondo caso significativo è quello di Luigi Nazzari, figlio di una famiglia di contadini agiati di Tirano, che partì la prima volta per l’Australia a 23 anni nel 1908, per restarvi fino al

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Histoire des Alpes - Storia delle Alpi - Geschichte der Alpen 2009/14