Ore di città/58

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Ore di città/58  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

Storia della Colonna Infame[edit]

Le cartelle delle tasse cambiano colore tutti gli anni. Nel '36 erano color risotto, l'anno scorso color riso in cagnone, quest'anno sono d'un verdolino pallido, cielo primaverile. Il signor Maggioni con tabaccheria in corso Italia, brandisce quel lembo di cielo e lo sventola in faccia ai clienti:

«Te chi! te chi! Me fan pagà el tabacch forestee e poeu m'el dan minga... e intanta la colonna l'è semper lì».

La Colonna di San Celso che nella località dell'attuale piazza Bertarelli c'è dai tempi della peste quando la gente, sigillata in casa, ascoltava la messa dalle finestre, sta sullo stomaco non solo al tabaccaio ma al pasticcere e alla panetteria:

«Mettevem foeura i tavolitt d'estaa e el Municipi el ciappava de mi on bell sescent franch, nossignori, emm dovuu tiraj denter!» La Colonna per sé può piacere e non piacere, c'è sempre stata e potrebbe starci ancora, ma sono le automobili, quelle benedette automobili che nel doppiare l'ostacolo, quando inseguono e in animosa gara cercano di sorpassare i tranvai, minacciano di finire sul marciapiede irrompendo fra i tavolini del signor Maggioni:


«La gent la se spaventa e fuss domà quell...» E ora mi proverò a fare una piantina del posto.

Vedete? I tram e le macchine dirette verso il Dazio corrono nel senso della freccia B e la Colonna di San Celso - quella che io manzonianamente chiamo Infame e che sulla piantina è il quadratino A - li nasconde alla vista dei pedoni che stanno attraversando la strada in C.

«Gh'è on scior - spiega il signor Maggioni - chi in Cors Italia che l'è vun de Brera e che el voeur minga che la se tocca... e intanta...»

... intanto c'è chi arrischia la vita e qualche volta la rimette del tutto. Questo è capitato... «... ti!... come el se ciamava quel scior de Sant'Eufemia?» Il nome non se lo ricorda, ma il fatto l'ha bene in mente. Nell'attraversare la strada a lato della Colonna, venne investito da un'auto e finì in terra.

«Al moment el pareva nagotta... - continua il signor Maggioni - ... l'emm faa settà giò chi in bottega...» Insomma, sembrava che si fosse rimesso, ma poi...

«L'era giusta a dree ch'el giugàva a terzili e el perdeva vint ghej, ona ciallada...» ... un'inezia, venti centesimi e non può esser certo stato per quella perdita, fatto si è che dice di sentirsi male e l'hanno dovuto portare a casa; di male in peggio, il giorno dopo era morto.

«E el Renzo? El Renzo de Gozzadini?... Ti! Dagh on chilo de sal grossa a quel fioeu lì...» Il Renzo era assieme alla fidanzata e si erano fermati a dire due paroline all'ombra della Colonna e poi - distratti come tutte le persone felici - si erano avventurati nell'altro tratto di strada e in D, nel punto cruciale D, segnato da una croce, sono stati investiti da un'auto. Il signor Maggioni conclude con accento di soddisfazione:

«E àn ciappaa ona bella indennità tutt e due».

Non voglio fare della malignità, ma però se proprio l'incidente non ha portato loro troppi guai, un po' di biglietti da mille per due sposini che dovevano metter su casa... insomma, la malfamata Colonna ne deve aver fatte certo di peggio. «Sicuro che ne ha fatte - incalza il mio interlocutore - e ora sentirà...»

E va a prendere il prestinaio che è lì accanto perché attesti e racconti.

Mi espongono degli altri casi e mi fanno constatare che anche la Colonna negli incidenti ci rimette del suo. «El ved chì? l'è saccagnada...»

Il basamento agli angoli è smozzicato, ha via dei pezzi.

Speravano in questi giorni che si decidessero a portarla altrove, per esempio nel cortile del Castello dove c'è una bella raccolta di vecchie pietre. Da un mesetto lavora per corso Italia il martello pneumatico con delizia degli abitanti del quartiere, pareva proprio che dovessero spostarla, invece tutto è rimasto immutato:

«Cossa ghe disi - conclude il signor Maggioni - finiroo prima mi de pagà i tass che lee de andà via».