Ore di città/14

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Ore di città/14  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

Facce[edit]

Mio padre nei suoi begli anni camminava... camminava... per le strade di campagna, pei sentieri di montagna e dopo aver tanto camminato guardando in giù per via di topicch e preparandosi a camminare ancora, diceva:

«Qual è la cosa che tu credi che io abbia visto di più nella mia vita?»
«Ma!...»
«I sassi... quanti sassi!»

E le facce? E le facce della gente? Per chi come me ha lo stupido vizio di ammirar la città e di viverci dentro come in una fogna non vede sassi, ma facce, facce, facce.

Che cosa terribile e ossessionante!

Le vedi... (molte ne vedi) per una volta, una sola volta in tutta la tua vita.

Lampeggiano... ognuna per te nasce e muore in un attimo. Se così ti piace - ad ogni istante - hai sempre qualcuno da poter salutare e per sempre.

Guarda queste.

In tram non legger libri ché tanto, cosa potresti ritenere così pigiato e distratto? Invece di incrociar parole, penosa fatica da professionisti disoccupati, guarda una faccia qualsiasi e cerca di rispondere alla domanda: «Di chi è?»

Le facce meno interessanti sono le più difficili a penetrare. Sovente si tratta di un viso spento. C'è gente che porta in giro da anni la propria faccia morta. Sono facce chiuse, murate. Sono come certe case segnate per la demolizione cui hanno accecato le finestre con rettangoli di muro. Inaccessibili alla sorpresa e allo stupore non sono tranquille ma indifferenti. I loro occhi non interrogano mai. Difficilmente i vecchi hanno di queste facce. Sono invece di certe donne del popolo che hanno troppo lavorato e troppo sofferto. Sono queste le povere donne dei mezzi servizii. Le vedi, per solito, cariche di qualche gran fagotto (perché lavano anche) e in tram siedono con quei fagotti sulle ginocchia e le grosse mani nodose sopra. Sono venute su per miracolo perché il tranviere non voleva lasciarle salire. Non di rado restano a terra coi loro fagotti sul marciapiede. Che faranno? Tenteranno su un altro tram e se proprio nessuno le vorrà le vedrai avviarsi a piedi con quei fagotti e chissà per dove...

E le faccette?

Su quelle di prima non ombra di pensiero passa, su queste tanti ne cogli nel giro di pochi istanti che non riesci a fissarne alcuno. Sono le facce di bagajett. In italiano «ragazzetto» non traduce esattamente bagajett. La parola italiana è lenta, mentre in milanese bagajett va... corre.

Volete vedere una di queste faccette a illuminarsi? Datele un franchetto! Le mance aprono al bagajett le porte del Cinema. Adesso non so più, ma una volta nelle ore morte del pomeriggio c'erano ragazzetti che si presentavano alla cassa con un'aria tra il sì e il no.

«Cos'hai lì?»

Lui tirava fuori e faceva vedere trenta centesimi (il biglietto era, poniamo, sessanta). «Beh... va dentro...»

Se proprio non ha niente el bagajett non si scoraggia, fa la ronda di fuori e riesce a passare lo stesso fra le gambe di chi esce. Al cinema... fa russia! Pesta i calli, pimm, pamm, muove le sedie, vede due, tre spettacoli, cambia di posto per non farsi trovare. Ma lo trovano infine, lo agguantano e...

«Aria... aria...»

...è di nuovo in strada che corre...