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Canti popolari istriani/Prefazione

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Canti popolari istriani/Prefazione (1905)
by Antonio Ive
186635Canti popolari istriani/Prefazione1905Antonio Ive

PREFAZIONE


Già fino dal 1846, un cultore benemerito degli studj archeologici e storici richiamava l’attenzione dei dotti sopra i dialetti, o meglio le varietà dia¬ lettali, che si riscontrano nelle diverse città del- l’Istria 1 . D’allora in poi, parecchi valentuomini si diedero a molteplici e non sempre infruttuose ricerche.

A qualcuno venne in Aente di mettere in¬ sieme buona quantità di materiale, da potervi co¬ struire un bello e solido edificio; altri pensò di compilare dizionarj, di stendere versioni di testi italiani nelle varie parlate della provincia; altri ancora si mise a pubblicare saggi dei prodotti della fantasia del popolo istriano 2 ; ma tutti questi


  • V. V Istria, a. I, n° 57-58, p. 232.
  • Voglio alludere, in ispecie, ai Saggi di proverbj e

Canti popolari rovignesi, pubblicati nella strenna L'Au¬ rora, Rovigno, a. I e II (p. 160-1(58, 153-158); all’altro bellissimo saggio, edito dal prof. Carlo db Combi, Porta Orientale , a. 1859, ed ai diversi altri, sparsi qua e là, nei varj almanacchi e periodici della provincia.


si arrestarono a dei semplici tentativi, a delle spo¬ sizioni frammentarie, e nulla più fecero. Una rac¬ colta critica, più o meno compiuta, di Canti Po¬ polari de’ singoli luoghi, non è stata, che io mi sappia, mai prima d’ora tentata. Fu appena quattro anni fa che l’illustre Mussafia. mi esortò a rac¬ cogliere i canti, i proverbj, le tradizioni, leg¬ gende e novelline del mio paese, avendomene, fino all’evidenza, dimostrata l’importanza filolo¬ gica, etnologica e storica.

M’accinsi di buona voglia a questa impresa, a cui, per ragion de’ miei studj, mi sentiva pur anco attratto; però, non accade ch’io dica, in¬ contrai per via non lievi difficoltà. Tuttavolta, con un po’ di buona volontà, e mercè qualche aiuto di persona benevola, sono riuscito a racco¬ gliere nella sola mia patria, Rovigno, circa 600 canti, suppergiù, altrettanti proverbj; ma, mi rin¬ cresce a dirlo, non ho potuto raggranellare che una sola cinquantina di fiabe. Un egual numero di canti ho pure messo assieme da Dignano, o un centinaio circa ne ho raccolti a Galesano ed a Valle, i quali tutti mi riservo di pubblicarli in altra occasione. Per ora mi limito a rendere di pubblica ragione, nella Collezione presente, i canti della mia città natale, dacché un tanto- mi ottenne la squisita cortesia del sullodato mio Maestro, della qual cosa, come anche del raro zelo, ch’egli pose nel giovarmi di consiglio e di


aiuto, ragion vuole che io glie ne renda qui le grazie, che per me si possono maggiori.

Panni necessario poi, ch’io dia alcune spiega- zioni intorno alla classificazione, ordinamento e trascrizione, che ho pensato di tenere per il mio materiale. In primo luogo dirò, che ho serbato la disposizione, già adottata da altri, di dividere cioè i canti secondo l’argomento. Per i confronti mi sono limitato, in generale, ai canti delle re¬ gioni neo-latine ; solo qualche rara volta mi sono permesso dei riscontri a quelli di altre regioni. Tutti questi riscontri li ho fatti seguire alle di¬ chiarazioni, di natura puramente lessicale, che ho apposto appiè di. ogni canto. — E qui una parola di scusa per questa disposizione, che io non riconosco come la più opportuna e conforme al metodo della scienza. Confesso che, se avessi da pubblicar ora una simile raccolta, terrei un metodo ben diverso ; disporrei altrimenti e le di¬ chiarazioni e le varianti, le quali tutte aumen¬ terei di molto. — Questa confessione, che io fo qui, eoram multis testibus, mi serva, in qualche guisa, di difesa da soverchie e maligne censure.

Ed ora passo a parlare della via, da me se¬ guita nella trascrizione dei canti. Come ne’ canti delle altre provinole, così anche in quelli di Ro- vigno, se ne dànno alcuni guasti, o frammentar). Questi mi sono stimato in debito di riprodurli, quali li aveva uditi dalla bocca del popolo, come

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pure ho creduto opportuno, per ritrarne più fe¬ delmente la pronuncia, di adoperare, in genere, \ segni grafici di valore noto. Per alcuni casi sol¬ tanto devo dare degli schiarimenti.

1° Indico con et quel suono, che non è nè vero dittongo, nè vocale scempia, nàa un misto risultante da e ed i, così però che i prevalga ; è insomma quel suono, che I’ascoli, Archivio glot¬ tologico italiano, I, 443, n., rappresenta con éi, od anche 6\ — Così del pari, riproduco con où il volume- composto di o ed u, dove il primo, elemento non è ancora del tutto spento, ed il se¬ condo si fa appena appena sentire.

2° Il rov. non raddoppia quasi mai le con¬ sonanti alTinfuori dello s. Questo ss il popolo lo usa, oltrecchè per l’italiano s e zz, anche per il 6 e 66.

Ugual valore ha per me il p, che scrivo in molti casi, massime là dove la sorda del verna¬ colo corrisponde ad un c di fase anteriore. —

H qual g a sua volta, se è iniziale, e si trova* a stare dinanzi ad un i, assume in bocca del rov. una pronuncia analoga a quella dello s{c) fiorentino. Cosi, per es., scriv. gjil, pron. sjil (cielo); gjira, pron. sjira (ciera), ecc.

3* Ad esprimere un’altra sorda, che sta fra lo s e la sibillante italiana, si è adoperato, come s’usa per il venez., lo-a?.

4° Il nesso it. s + eh venendo dal popolo



reso con due suoni distinti, di s cioè e di c, s’è procurato, di rappresentarlo con i due elementi, frapponendovi un J ; così si suole scrivere e’cito (schietto); s'ciano (schiavo), ecc.

5° Lo z, da ultimo, va pronunciato, a un di¬ presso, come lo 8 debole italiano.

Aggiungerò qui, sebbene ciò si renda quasi superfluo, come il popolo talvolta proferisca la stessa parola in modi differenti. Le ragioni di questa diversità di pronuncia sono note a tutti; come tutti sanno, perchè il volgo, anche il più rozzo, quando canta, si allontani dalle forme vernacole, le abbandoni del tutto, per assumerne delle altre più nobili, anzi addirittura prettamente toscane.

Ad agevolare l’intelligenza dei canti, stimai acconcio premettere dei brevi cenni intorno alle origini e primitive vicende del luogo, dove i canti furono raccolti, ed uno studio sul voca¬ lismo del dialetto, in cui questi mi vennero dettati.

Le notizie storiche le devo all’ottimo mio amico, dott. Benussi, che mi fu largo di non pochi sus- sidj. — A lui sieno rese qui pubblicamente grazie senza numero. Così del pari mi è grato testimo¬ niare la mia più sentita riconoscenza all’esimio amico e mio primo maestro, l’abate Antonio Sponza, valente cultore dei buoni studj ed ama¬ tore ardentissimo del patrio dialetto, il quale,



oltre a fornirmi buona parte de’ canti, mi ha validamente aiutato in questa impresa.

A tutti quegli altri alla fine, che hanno, più o meno, contribuito a questo per sé tenue la¬ voro, mi fo un dovere d’attestare qui la mia più sincera gratitudine.

Rovigno, luglio 1877.

ANTONIO IVE.



I.