Canti popolari istriani/Origine

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Canti popolari istriani/Origine  (1905) 
by Antonio Ive

ORIGINE E PRIMITIVE VICENDE DELLA CITTÀ DI ROVIGNO.


Chi si facòia a percorrere l’intimo seno del¬ l’Adriatico da settentrione a mezzodì, rasentando la costa istriana, giunto a metà quasi di cam¬ mino, s’abbatte in una serie di vaghe isolette, le quali, con lievi interruzioni, l'accompagnano fin oltre a Pola. •

In mezzo a quel gruppo pertanto, che dal-, l’odierno S. Andrea (l’antica Sera) s’estende fino alla cosi detta Punta di Barbariga , ne sorgeva un dì una di gran lunga maggiore delle altre, l’isola di Cissa *. Quest’ isola deve avere avuto in antico non lieve rinomanza, poiché, secondo l’opinione di archeologi reputati*, e dietro me¬ morie storiche s j essa possedeva una tintoria di porpora.


  • Plinio, lib. Ili, c. 26 : Juxta Histrorum agrum Cissa,

Pullaria et Absyrtides. — Cahli, Antich. Hai., Milano, 1789-91, voi. 2°, pag. xiv.

  • Lapide a Petronio proc.. Baphii, Cissensis, Venetia e

et Histriae. Kandler, u° 293.

3 La lapide suddetta, e la Notitia dignitatum, eoe., in Bachino. Bonn, 1839-53. — Po tuia occidentali , cap. X.



L’importanza di Cissa però non era ristretta alla sola isola; ma si rifletteva anche sui luoghi propinqui. Difatti, i molteplici lavori, pur ne- cessatj per preparare il color di porpora ed i tessuti da tingersi, richiedevano una quantità di fabbriche sussidiarie, nelle isole vicine e nella terra ferma 1 * * 4 5 .

Col decadere dell’impero romano (IV e V sec.), diminuì anche l’importanza di queste fabbri¬ che, e venne a cessare interamente, caduto che fu quello. Quindi la popolazione di Cissa e dei luoghi circonvicini si venne facendo sempre più rara. Ma intanto altri fatti s’aggiunsero a me¬ nomare l’importanza dell’isola. Nella*'prima metà cioè del secolo VII, per le continue pira¬ terie dei Saraceni e de’Narentani, e più tardi, in causa delle frequenti scorrerie degli 'Avari, degli Slavi e dei Longobardi, le isole non offri¬ rono più sicura dimora ai loro abitanti, i quali perciò furono costretti a rifugiarsi in luoghi più riparati e meglio adatti alla difesa. Essi scel¬ sero l’isola di Monterosso (Mons rubeus )*, come quella che porgeva loro un asilo de’ più sicuri,


1 Presso il popolo di.Rovigno, esisteva in passato, ed esiste in parte anche tuttora, viva ricordanza d’una anti¬

chità e grandezza, per poco favolose. Nell’agro rov. poi,

si trovano tuttodì continue tracce di antica opulenza. V. Grkgorutti, La Fullonica di Pola y nel VArcheografo

Triestino , nuova serie, voi. IV, p. 97.

5 Cosi denominato per la sua terra di color rosso-vivo, o, come vuole una pia tradizione, per il sangue sparso dai numerosi martiri, colà giustiziati. V. Angelini in un opuscolo intitolato: Omaggio e Pietà, Venezia, Longo, -1858, pag. 47.



essendo, già fin da’ tempi dei Romani, in parte abitata, e per di più, dal lato di mare, da natura validamente munita.

Questa adunque, situata a cavaliere di due porti, circondata da numerose altre isole, quasi altrettante sentinelle avanzate a spiar rinimico, con un forte baluardo sulla terra ferma nel colle che le sta dirimpetto, accolse, nei se¬ coli VII ed Vili, buon numero di quei profughi, i quali, per lo addietro, abitavano nelle regioni circostanti. Fu allora che si munì di doppia cerchia di mura, così da resistere a qualunque assalto di guerra le venisse dal di fuori.

Ma Cissa, oltre ad avere fabbrica di porpora al tempo romano, continuò, anche più tardi, ad essere un luogo d’importanza non lieve, sì per numero d’abitanti, che per autonomia politica. A dimostrare ciò ci mancano, per ora, le prove dirette ; abbondano in quella vece le indirette. Sappiamo infatti, come la divisione ecclesiastica, ne’ primi secoli, stesse in istretta relazione con la divisione politica, anzi venisse di solito a con- cidere con questa. Donde ne derivava, che a sedi vescovili venissero, per lo più, scelti i luoghi di maggior rilevanza *. Si hanno d’altronde argo¬ menti irrefragabili, .che ci comprovano, come Cissa fosse, da tempo immemorabile, sede ve¬ scovile*; come questa, dopo l’800, passasse a

1 L’imperatore Giustiniano voleva si ponesse vescovo in ogni città, avente forma di reggimento a ino’ delle colonie. Kàndler, op. cit., p. 12.

  • Due vescovi di Cissa, un V indemio ed un Urtino f


Rovigno 4 , e quindi si fondesse colla parentina. I patriarchi d’Aquileja cioè, avendo reclamato a sè la diocesi, che non si diceva più cissense , ma rubinense , fu necessario ricorrere al Sommo Pon¬ tefice, e questi l’aggiudicò ai vescovi di Parenzo. Alla metà circa del secolo Vili (un’ antica cro¬ naca lo vuole ai 12 di luglio dell’800), accadde Io sprofondamento di Cissa *. Questo fatto non ci deve apparir strano, nè singolare, ove conside¬ riamo le condizioni dell’isola ed i cataclismi, che ebbero luogo in quei tempi. L’800 ci viene, di¬ fatti , indicato dall’ annalista Bertiniano e da altri 3 qual anno di grandi terremoti, avvenuti nell’estuario veneto.

Ora si sa che, come le isole vicine, così anche Cissa era costituita in massima parte di sabbia silicea,con leggiero incrostamento alla superficie;


sodo noti per gli atti d'antichi sinodi ; il primo per quelli del Concilio provinciale aquilejese del 579, e l'altro per gli alti del Concilio romano del 679. V. Kandler % Istria* a. Ili, n» 52, p. 206.

1 NelCod. diplom. Istr., presso Kandler, aH*anno,8Q3 ( prid . non. Aug. Indict. /, Romae), c'è un decreto con cui Pi ni pe rato re Carlo Magno assegna al Patriarca di

Aquileja sei vescovi in suffragane©. unum videlic.

Concordiensem ,... tertium illum qui apud Civitatem no - vam Histriae constitutus esse noscitur , quartum vero Ruginenszm , ecc., ecc. L’atto però sembra spurio. Ro- vigno fu sede vescovile: a) perchè il vescovo ai Parenzo aveva anche 11 il suo palazzo,'ed era obbligato a fermar- visi metà dell'anno; b) aveva, in passato, un arcidiacono e, fino al 1810, un ufficio di Auditore e vicario generale; c) la chiesa è tuttora Collegiata insigne, ed il suo Ca¬ pitolo era insignito della zanfarda.

  • Istria, a. IV, n° 39-40.

3 Annales Bertiniani , li Kal. Maji; e Dandolo, Cron ., 1. Vii, c. 9, il qual ultimo, cosi si esprime: Hoc tem¬ pore (7o4) terremotus horribilis factus est , ita ut urbes aliquae ex parte submersae sint . Parla puro di un altro terremoto, accaduto nell’800.



e come, nel colle dell' attuale città e nei lidi prossimi, veggonsi tuttodì caverne profonde, sca¬ vate dalle acque, per dilavamento del saldarne, cosi in maggiori proporzioni, il mare, internatosi, deve aver tolto la base alla nostra isola. Il mare lentamente la sottominò; i terremoti e gli ura¬ gani compirono l’opera. Cissa sprofondò, e fio- ' vigno ne divenne il continuatore.

A quel tempo, o poco prima, sembra anche abbia avuto luogo il passaggio dell'arca di Santa Eufemia da quell'isola all’altra di Monterosso 1 .

fio vigno però dovette tutta la sua grandezza e prosperità ad avvenimenti, accaduti nel decorso de’ secoli VI e VII. — Dei singoli fatti, che con¬ tribuirono all’incremento della città, non ci è conservata, sgraziatamente, nessuna memoria. Nè storici, nè geografi ci fanno menzione dell’im¬ portanza, che certamente essa deve avere avuto, prima del secolo VII. Il primo, che ne parli, si è l'Anonimo Ravennate , fedele raccoglitore d’itine- rarj antichi, il quale ne cita ripetutamente e sem¬ pre diversamente il nome *. Si sa d’altronde che,


1 Codice diplom. cit., a. 740. — V. la Reiasione ad hoc. — Un’antica tradizione vuole che il corpo di Santa Eufemia fosse da Calcedonia di Costantinopoli pervenuto prodigiosamente, il 13 lutrlio dell* 800, all’odierno Ro- viguo. — All'opinione del Kandler, che la Santa fosse da prima approdata all’isola di Cissa e poi passata a quella di Monterosso, verrebbe in appoggio un brano di leg¬ genda, che si racconta ancora da qualche vecchio, ed in cui si farebbe già cenno dello sprofondamento di Rovigno-

Cissa. Eccolo: «. E a se sento oùna buf, cumù che la

vignisso de là de l’Arno (caverna sita al mare) Longo, che fighiva: Subbissate Ruteìgno, e oun’altra buf, che vigniva dal gjil e che ghe raspundiva: Nuo , nuo, che i cani de Sant’Ufiemia baia ».

1 Cfr. l’edizione del Haupt. 4, 30, 31, 5, 14 ( Ruigno ,



dal secolo VI fino alla metà dell’VIII, Rovigno pagò all’erario bizantino 40 soldi mancosi (cifra imposta già nel secolo VI), quando Pola, Parenzo

  • e Trieste non ne pagavano che 60; e nell’anno

804 figurò tra i principali luoghi dell’Istria, alla Dieta di Val Risano 1 . v La popolazione della città dovette però rima¬ nersene, per molto tempo, circoscritta all’isola di Monterosso , perchè non si poteva estendere a quelle circonvicine, essendo queste contiuuamente esposte alle piraterie ed ai saccheggi. — Dai quali non andò esente Rovigno stesso; chè lo devasta¬ rono prima, i Longobardi, lo saccheggiarono poscia i Narentani, quindi gli Slavi quasi inte¬ ramente lo distrussero. Sostenne guerre, più o men felici, con Capodistria, Pirano, coi conti d’Istria e coi vescovi di Parenzo. —Allora, prima e più tardi, troviamo costantemente che esso era autonomo, si governava con proprie leggi muni¬ cipali, proprj statuti e proprie magistrature.


Ruginio y Rovingo (sic). — Altri, come il signor Vergottin (Archeografo Triestino , nuova serie, voi. I, fase. IV, pag. 3), la vuol derivata da un Arupenum , o Arupinum del Carso. Lasciando costoro ed altri fantasticare sulla derivazione del nome Rovigno, mi limiterò ad esporre una mia congettura. A me dunque pare, che il nome dell’attuale città da nuli’altro possa essere derivato', che da quello con cui si appellava già il monte, sul quale vennero a piantar le loro sedi i profughi di Cissa. — Quindi da un * Ru-bi-neu-m ( casteUum , oppidum , o che si voglia) sia derivato, per indebolimento della labiale, (come da rubus s’ebbe rovo), Ro-n*-ntu-m, por Rovinio (forma che ricorre pure nell’Anonimo), e finalmente Ro- vigno . La forma Rubinum , che ricorre negli atti, spe¬ cialmente della chiesa, si spiega pur facilmente, ammet¬ tendo la suddetta derivazione.

1 Cod. diplom. cit., a. 804.-



Non solo all’ interno, ma anche all’ esterno , Rovigno volle serbare la propria autonomia. Cercò quindi d’avere libero il dominio sul mare, e per qualche tempo anche l’ottenne; dovette però alla fine del 1149, unitamente alle altre città marittime dell’ Istria, contribuire e navi e de¬ nari a Venezia, allo scopo di tener purgati quei mari dai pirati; contributo che, nel 1330, si con¬ vertì in piena dedizione.

In conseguenza di ciò la città ebbe molto a sof¬ frire, nelle guerre che si succedettero tra Vene¬ ziani e Genovesi. Questi ultimi anzi, nel 1380, le rapirono il corpo di Sant’Eufemia, che i Vene¬ ziani, più tardi, nel 1410, poterono restituirle. Nel 1599, ebbe a patire nuovo disastro da parte degli Uscocchi. Fu questo l’ultimo assalto, che sostenne dall’aperta violenza. Quindi innanzi ebbe pace, prosperò e s’ingrandì a segno, che la sua popo¬ lazione dai 5000 abitanti era salita fino ai 12.000 4 .

Però, appena dopo il 1650 , la nostra città cominciò ad estendersi lunghesso il colle, che si disse di San Francesco, sulla terra ferma. Alla quale venne realmente congiunta, nel 1763, quando, demolito il ponte, fu interrato il canale, che la separava dal continente e teneva in comu¬ nicazione i suoi due porti.

1 Pur troppo, le condizioni materiali, di molto peggio¬ ratesi negli ultimi anni, costrinsero una parte dei citta¬ dini ad emigrare quasi nella vicina Pola; sicché l’attuale sua popolazione, almeno secondo l’ultimo censimento, non arriva neppure ai 10.000 abitanti.