Èl sgner Pirein/Si fisofoleggia!

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Èl sgner Pirein/  (1920) 
by Antonio Fiacchi
Èl sgner Pirein

SI FISOFOLEGGIA![edit]

Li prego prima di tutto di non chiedermi ancora notizie sulla tormentosa pasione in precedenza descritta[1], essendomi già aperto sino dovve potevo poichè si sa che quando si arriva, diciamo cossì, alla linea del pudore, bisogna far sosta, più ubidienti del treno d'Ancona ch'al seint a urlar: Fermo! e lù s'avveja l'istèss.

Lasino dunque che conservi in fondo alle catacombe dell'anima mia i preziosi avanzi d'una pasione che si cuoce in sè stessa, com è la panzètta, e incolland in quella tabella d'afisione, che è la faccia del vomo, l'avviso della gaiezza, pasi a fare il filosofo.

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Che cosa è la tomidezza?

La tomidezza l'è la mancanza dèl stupein! Sisignore! il timido sa, come gli altri, preparare la girandola d'un discorso, il razzo d'una burletta, lo scopiettio d'una bella dichiarazione di amore, ma in tùtt sti fugh a j amanca èl stupein, per fari scuppiar, brillar, saltar pr'aria!

Èl temid al sa benessum com s' fa a dar un stiaff, ma ci manca la molla che ci facci alzar la mano! Non cè vomo che capisca meglio del timido l'erovismo ed il coraggio, ma ci manca la forza per essere erove e coragioso.

Al va da un calzular a cumprar un par ed scarp fatti. Se ne prova un paio che ci sta dentro due volte.

— Ci vanno queste? Dis l'umarein che ce le ha messe, e ch' l'è anch in znocc in tèrra.

— Mi sembrano un pochino vantaggiose...

— Proviamo queste altre! E ce le mette con tali sforzi da dvintar ròss com è un gamber.

— E queste?

— Mi sembrano un tantino strettuccie...

— Ma scusi, non lo sa che la pelle cede? E poi ha delle calze così grosse... quando le ha tenute un poco, le si adattano... sembrano fatte su misura...

— Allora va bene... prenderò queste... ma adesso me le vorrei levare...

— Che levare! Ora bisogna le tenga per darvi la forma... Alè, giri!... su via!...

— Ma cossì, al primmo momento, mi pare mi faccino male...

— Sfido! in confronto di queste due barche... Da chi le ha prese? Scommetto alla Cooperativa... Conosco le suole di cartone... vuole che ce le incarti?

— Anzi... ma mi pare che queste mi siano strette... a girare sento uno spasimo...

— Che bella idea! Non sente che siroco: tutti abbiamo male ai piedi in questi giorni... Non ha fatto cento passi fuvori dal negozio che non sente più nulla...

— Allora... scusi se l'ho fatto impazzire, a rivederla.

E brancolando drî a la muraja, arriva ad aferare un omnibus, per giungere a casa con i sudur fredd per cavars le duve morse che ha nei piedi e rimettersi le vecchie, dòp avèir fatt, in tla stanzia da per lù, una scena con èl calzular, dicendo tutto quello che aveva pensato durante la suva seduta in botega, mo che a j era mancà èl stupein per farel saltar fora!

La differenza fra il timido e lo stupido sta in questo: che l'uno ha i fochi ma non ha lo stupino, e l'altro ha questo... ma ci manca il resto.

Le idee del timido sono paralizzate nelle gambe, nascono, crescono, ma non escono di casa; oppure sono talmente misantrope, da usire soltanto quando nessuno le vede. Ed ecco la scena fatta da quèl del scarp strètti, nella solitudine della propria stanza.

Am arcord una volta che a incuntrò un mî amigh, di quella razza, ch' l'aveva in tèsta un caplein che ci stava lassù in cima alla testa, che se ci veniva lo starnuto ai saltava da que a là...

— Cossa è suzzès? a fazz me, ti sei meso il capello di tuvo fratello il piccolo?

Lui diventa rosso, poi dice:

— Cossa ha di straordinario? È di ultima moda!

— Benone, ma per un altro... Non vedi che non ti sta in testa!...

— El caplar al m'ha dett che andando incontro all'estate, è meglio che becchi in stretto, perchè si suol farsi tosare a teso...

— Allora hai ragione, caro mio. E accosì dicendo ci astricai la mano con tanta energia, che èl caplein cascò in terra, non dico con grave scorno dell'amico, perchè era nubile.

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Ma a vrè savèir una cossa.

Perchè mo mi è saltato in mente di dire tante sciocheze su quella anemia dello spirito che è la tomidezza?

— Ah! forse perchè ieri sera la Clelia, che, poverina, va venendo a farci compagnia mi domandò:

— Comme va, signor Pierino, che lui mi dà tanta soddizione?

— Ai voi poch a capirel: perchè tu ti senti più asina di me!

La materiolina ci piacque, e seguitò:

— Perchè quand s'ha suddiziòn si suda?

— Perchè ci sentiamo il bisogno di farci piccini, quindi la pèll s'artira, e sforzando, i pori lassen vgnir fora la parte umida dell'individuo, com è a striccar èl pimazzol int l'acqua ed rèmel, con la quale si lavano i panni colorati.

— E com êla che quand a s'ha pora as trèmma?

— Perchè tutte le parti del corpo vrên scappar vî e siccome non lo possono, perchè sono congatenate, l'animo umano rimane sospeso per quelle forze che vorrebbero andarsene per suvo conto, comme un pinein ch' fazza: vòula, vòula, e da lì la termarî.

— E il coraggio?

— Cara mia, tu vuvoi sapere troppo... sòul at dirò che al tempo che si favano i colmi, io feci questo:

Il colmo del coraggio: Confessare di non averne.

Tersuà a lòur sgnòuri.


Dal _Bologna che dorme_, 18 maggio 1899.

  1. Assistendo al Congresso dei giornalisti, tenutosi in Roma nel 1899, _èl sgner Pirein_ si era perdutamente innamorato di una bellissima signora ungherese. (Vedi, _Bologna che dorme_ del 13 aprile 1899).