Èl sgner Pirein/La conferenza dèl Sumarein dèl ruscarol

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Èl sgner Pirein/  (1920) 
by Antonio Fiacchi
Èl sgner Pirein

LA CONFERENZA DÈL «SUMAREIN DÈL RUSCAROL»[edit]

_Signore e signori_,

Am è d'avvis ed seinter tutto quello che giustamente diranno a vèddrumm que su questo bergamo, dovve si sono seduti, anch stand in pî, delle illustrazioni italiane, megga stampà dal sgner Treves, ma proprio vive e palpitanti d'attualità.

Se loro quindi mi dibattono nel muso la taccia di temerario, io ci dirò che ne sono più parsuvaso di lui, ma d'altronde io amo la popolarità e quindi visto che le conferenze hanno preso non solo piede, ma eziandio la gamba... perchè si parla fino di cosse dell'Alpinismo, che in fondo poi non c'è niente, perchè se si salisse su di un _monte_ si fanno tanti squarci, mentre se si va su di un _montone_ che è il superlativo, nessuno si fa caso, sebbene che ve ne sono tanti...

Ma se sòuvra a un _Dant_ hanno durato a discorrere per dei mesi, e i dseven che parlavono in un _canto_, mèinter erano nel mezzo del camin di nostra vitta, che si può tradurre: «in metà dla fuga dla nostra scheina?».

Non sarà poi da mettermi il bronzo, se anche me sono qui in questa sala[1] carica di quadri di persone armoniche, che, cun rispètt di lor signori, chi più chi manch j aran scrett chissà quant azzideint, che nel gergo musicale sono i diesis, bî mol... in quant ai bî quader non sarei del suvo parere perchè ve ne sono dei bruttini...

Ma qui non si tratta di fare la storia dell'ambiente, ristorato di fresco, nè di tutte le cosse che ci si sono fatte dentro, dai congressi ai saggi, dai concerti, alle volte sconcertati, ai discorsi spesso più sconcertati di quei concerti, dalla musica detestabile alle famose mattinate della Società del Quartetto sotto la verga magica dèl sempatich Mancinelli, ci dicco la verità che per quant a hava còntra la vesta el sbactà, quanto fosse lui che me le somministrasse le toglierei volentieri... almanch a srè sicur che anderebbe in tempo!

Ma veniamo al dunque... ch' l'è òura.

A dir la verità sono stato un po' incerto premma ed dezidrum: espormi al pubblico dall'alto di questo seggio, me, che non ho una felice comunicazione, e con una pronunzia cossì infelice, che a sussezz... salciccio... chè da cinein non mi tagliarono il filetto.

Tuttavia pinsand che ci fu uno una volta che fece una conferenza sòuvra a Sarah Bernardt sèinza avèirla mai sintò, cossa di cui con ragione lî ciappò cappèl, in modo che li vende Marchesini[2] da San Nicolà dai Alber che secondo il solito c'è di tutto fuorchè degli alberi, incoraggiato da quanto sopra, dissi fra io, dscurrand cun quel signore gentilissimo che è, come si vede nella calce dell'avviso: Dichi bene, senza complimenti, mi permetterebbe di fare una conferenza? Scusi bene sa, ma mi è saltato il grillo: — Oh anzi si potrebbe fare a beneficio della dote del Teatro Comunale.

— Oh come vuole lui, per io sono differente...

— E qual tema?

— Eh sicuro, un po' di pavura l'ho ma...

— Oh, intendo il soggetto...

— È quello che mi tiene in soggezione, cussa volel mai, a star int la stalla, di suggètt non se ne trovano, tuttavia l'alter dè che tirava del vento, a vest ruzzlar vî un balocch, un giuocatolo di pelo che mi era crodato, e a pinsò: se favellassi mo sul pelo?... al srè un argumèint che si presterebbe per me, che ai stagh in mèzz tùtt l'ann... e così fu, e mi diedi a tutto asino a studiari sòuvra, quantunque non sia di stagione, che è caldo.

Ed ora che sapete lo scoppio che qui mi ha strascinato, lassam rusgar due granelli di biava gentilmente offertami da alcuni ammiratori e poi entreremo nell'argomento che porta per titolo: _Del pelo nei suoi rapporti colla natura e colla civiltà_.

_Signori e signore!_

Io non sono sofistico e quindi non andrò a cercare il pel nell'ovo, nè mi occuperò di accennare che èl sgner _Raoul_[3], quanto ebbe sentito il titolo si tastò in testa e sentendo che di pelo ci era piuttosto scarsezza, esclamò: per me siamo fuori d'argomento... e per parte mia non creddo di tirarglielo pei capelli.

E qui non crediate micca che a voja andar a perdrum tra i cavî, il quale volere o non volere è pelo bello e buono, ma la materia non calza, e pr'un asen l'è una cossa che dispiace, tanto più che non sarebbe nuova l'edea di dire che la natura si esprime col pelo suddetto servendosi dei capelli biondi per dimostrare la bontà, la gentilezza, la povesia che vi trascina, come per esprimere la risolutezza mette fuori i capelli neri... e viceversa. Ma tutto quello che luce non è oro, che il vomo ha trovato modo di incannare gli altri sottoponendo il proprio pelo a dei bagni contro natura, e come da una casa vèccia si può cavare una casa nova imbiancandla, altri invece agiscono all'incontrario mettendo il nero sul bianco, senza essere scrittori, e cossì una signora che la sera era eburnea, la matteina mi salta fuori con i cavî ross o vird, di modo che non si sa più comme la pensi, amesso che i cavî siano un segno esteriore del pensamento interno.

Ma non è di questo che qui che dobbiamo occuparsi, le conferenze sui colori furono compiute e piuttosto am lemit a tuccar i cavî e el barb nel loro andamento, val a dir quî a spein zervein dèl sgner Ricci[4], che dimostrano èl desideri che hanno ed penetrar nella storia antica; qui dèl prof. Ferri[5] che rientrando in loro stessi i pèinsen al diversi misur di crani e in s' troven brisa sèimper d'accord fra d' lòur, mèinter la barba dividènds in dòu pùnt, la corr drî ed cuntenuv agli idei dèl sô padròn èl qual al corr drî alla sô barba; non accenno a quelli dèl sgner prof. Mattioli[6] che non rispondono all'appello per assenza giustificata.

Nè si voglia credere che i capelli i sien l'arfiad delle proprie idee, perchè allòura quî ch'han la pirùcca chissà in che mod i la pinsarenn, non essendo i veri proprietari della propria capigliatura.

Ma l'è del pelo di noi altre bestie, o cortesi uditori, che vi voglio intrattenere. En guardadi al mî, che ormai non c'è più, a furia di vicissitudini che sarebbe lungo l'indicare, ed anche, non mi vergogno a dirlo, per età avanzata, che se passano per me debbono passare anche per gli altri; ma me a voi faruv cgnosser quanta gratitudin voi dobbiate a coloro il quale vi forniscono il pelo, specialmente le signore.

Quand tira qui bî zagnoch, cum faressi se an avessi delle pelli di belve cunzà, condite, che si fanno poi di quelle pelliccie così poco espansive che el s' teinen incossa dèinter e che vi arrivano fino dai piedi che parete, o belle uditrici, tante Madonne di Loreto foderate di pelo? E voi fattori di campagna che venite a Bologna colla goletta di lepre, come fareste a ripararvi se la medesima si facesse tosare e andasse dal barbiere come fanno gli vomini che si cavano la barba se si eccettua quelli che la tengono come il signor prof. Magni[7] ed il signor Dallanoce[8] il cronichista _in partibus_ della _Stella d'Italia_?

Come conservereste le vostre manine gentili, o sempatiche uditrici, se non vi fossero i manicotti di pelo lustro che i paren murî d'anguella o di quelle altre ch'i paren ed gatt strinà int la scheina, ovverosia di castracane, e perfino di penna, che allora poi entrando in iscena gli uccelli io non c'entro più, che i dan di bcutt e non li voglio a mano.

Ci fu un lusignolo che al dè un bcot int un occ a un sumarein mio amico, il quale poverino al pers l'occ, smarrì l'occhio, e rimase guerz, cardine, per tutta la vitta.

E al pelo quale espressione dei sentimenti umani non ci avete mai pensato?

Cussa fa un gatt quanto vede un cane? l'arùffa èl pèil, quel pelo che è sorgente delle falistre elettriche il quale sfergandel int la scheina in una camera oscura si vede un luciore che pare una scatola di fiammiferi.

E in generale tutte le bestie che vanno nella medesima, perchè accecate dall'ira, si esprimono tutte per mezzo del pelo che si indirizza chi da una parte chi dall'altra, se si eccettua quelle che non ne hanno, come le mosche e i ricci porcellini, i quali sono calmi, per conseguenza... infatti del mòsch arrabè non ne ho mai sentito a dire.

E che èl pèil sia un coifficiente della civiltà, ne sia prova che dappertùtt lù al j èintra... dèinter int el scarp ed vivagn per i dilettanti ed busanch... sù int i sach di suldà, dintòuren ai paltunzein di uffizial ed cavallarî e di altre armi; e poi, ditemi bene, senza pelo, sarebbe egli possibile lo czar di tutte le Russie? O gnanch da burla; e questo vi provi che l'è propri il segnacolo della civiltà... sebbèin che alla Corte di Russia più che Laurati, prev guadagnar Facchein, quèl dalla canva, perchè dla corda se ne va consumando!!

Ma ciò non toglie che èl pèil sia l'espressione del lusso e della ricchezza! Qual è quèl rè di burattein che non abbia la gabbana guarnita di conino?

Quale quel gran Sultano, per piccolo che sia, che non sia guernito di pelo?

Quale quel trono che non abbia il suo bravo pelo di ermellino con i su scudajein nigher?

Qual è quèl bavoll antigh che non abbia sul suo dorso la peluria messa pr'ingannar gli insetti ch' fan termar l'estat la lana, il quale si perdono fra quel pelo e non pensano ad entrarvi?

Nè crediate già che il pelo sia un'invenzione moderna, perchè sèinza andar fenna a Adamo e a Eva, di cui si ignorano le opinioni in proposito, noi troviamo Assalonne che arèsta impiccà pr'i cavî a un alber, e questo prova che allòura n'usava nè i pètten nè el strègg; abbiamo Sansone che aveva la forza nei capelli, e Dalila lo tosò, scoprendo così l'arte del barbiere; ed infine ci è quel verso che dice:

«Un vecchio bianco per antico pelo» sicchè, se oltre all'esser bianco l'era anch antico, mittiv in mèint in quali remoti tempi s' perdeva qla caviara... simile forse a quella ed monsgnòur Gulfir[9], che distratt cmod l'è, una volta al sustgneva d'èsser tusà alla Fieschi.

_Signori e signore!_

Qui ha fine il mio dire, e persuaso come sono che vualter an avadi brisa il cuor col pelo, a sper che avrete compassione di io che per pruvaruv che l'asen perde il pelo ma non il vizio, am sòn intestardà di tenere questa conferenza a cui Dio voglia manchi almeno un pelo, a arvinar la riputaziòn dèl voster

  1. La sala del Liceo musicale.
  2. Cappellaio.
  3. Pseudonimo del cav. Oreste Cenacchi uno dei quattro fondatori dell'_Ehi! ch'al scusa..._
  4. Corrado Ricci.
  5. Enrico Ferri.
  6. Giuseppe Camillo Mattioli, animoso patriota e professore all'Istituto Tecnico.
  7. Celebre oculista.
  8. Cesare Dalla Noce (_Moscata_) collaboratore dell'_Ehi! ch'al scusa..._ e fondatore dell'_È permesso?_
  9. Notissimo autore di centinaia di sonetti per messe, monacazioni, matrimoni, ecc. ecc.