Èl sgner Pirein/Alla Còurt d'Assisi

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Èl sgner Pirein/  (1920) 
by Antonio Fiacchi
Èl sgner Pirein

ALLA CÒURT D'ASSISI[edit]

[1] (PR'ÈL PRUZÈSS DLA ZERBINI)


_Caressum sgner Derettòur_,

Acciderboli!... Che non mi faccino bestemiare fuori della convenienza... perchè ci dicco la verità che ne ho empie le tasche!! Cossa ci va a venire in mente a quel sig. Ciliegia[2] di scrivere che anzi fanno bene ad andarci, mentre tutti gli altri dicevano che non sta bene perchè bisogna ogni tanto diventar rosse, il quale è una bella fatica per chi ci avesse perduto l'abitudine. Il rosore per certuni l'è com i lampion di trabai, che se il conduttore al se dscorda di cambiare il vetro rimangono o bianchi, o verdi per tutta la vitta!!

Sicuro, dunque comme ci dicevo, la mia Ergia, fenna che i giornalisti stampavano che le persone di sesso diverso, non conveniva andassero alla causa e slanciavono del biasimo contro a quelle che c'erano, non cercò mai d'andarci contentandosi ed lèzzer i bolettini dovve vi sono le metafore ed mod che li potrebbe leggere anch un urbein, senza temma d'arstar uffèis nell'amor proprio della suva famiglia.

Ma sissignore che un dè l'Ergia l'am corr incòntra con questo giornale in mano digand: Papà che mi ci vi conducca, al le dis èl foi, guardi qui l'è il sig. Ciliegia, lui dice che facciamo bene ad andarci, dunque che al toja mo èl sô catubein (la pazzerella, chiama accosì il mio cappello a cilindro), èl sô tabarrein, e si vadi alle Assisi!!

Cossa volni che avessi detto dal momento che mi presentava la carta che canta ed il villano che dorme?! Detto fatto: a ciapp sù e colla mia ragazza si avviamo al palazzo Baciucchi.

Appena entrati vediamo tanta gente ch' s'era messa a seder lè int la còurt su pei moriccioli, fitonzini ed altri loco sigilli, per usare una frase dei tribunali, tanta era l'influenza delle persone. L'Ergia che le ha sempre pronte, la fa, la dis: an s' po negar che l'an sia la _còurt d'assisi_!!

Nel momento confesso il mio debole, non l'avevo afferrata, mo quant dòp una mèzz'òura, capii l'antigona, non potetti intrattenere il riso che mi uscì copioso dalla bocca, com è un suldà che ci abbia fatto male èl rang, il raglio.

Intanto cerchiamo d'infilzare le scale, ma cè tale una _ressa_ che pare una _rissa_, la mia ragazza diventa _rossa_ e ai garantess che lè in mèzz nessuno _russa_. Questo gioco di parole che mi venne fuori spontaneo an so gnanca me da dovv, mentre im striccaven i pagn adoss, fece riddere i vicini e la mî spepla saltò su: Bravo papà tu hai fatto un meclemburg! Intant là, da un ussulein, si vede un po' di parapiglia ma sembra che si trattasse di un piglia senza il para, perchè un forestiere che è vicino a mia figlia dice: «Una femme ha donato un sufflet a una guardia!!»

— Bona quèsta! a degh me: che vagh regal da far a una guardia, dal mumèint che ha il pipì in tèsta, cossa se ne deve fare d'un sufflet?

Allòura èl furastir soggiunge: «Je comprend che vous ne comprenez pas le français!»

Mî fiola che studia il tedesco da 6 anni e non sa neanche cossa s' voia dir chartreuse, non ci parve vero ed metters a baccajar col etranger comme dice lei, e sèinza l'incomud ed far i pirù si trovassimo trasportati nell'aula.

Ai degh la verità che ne ho provato delle strettoje durante la mia esistenza, ma quella che lì an m'la dscord per zio!! Io vedevo la mî ragazza che suvo malgrado si era appiccicata al forastiero e che si allontanava sèimper più dall'autorità paterna... meno male se fosse stato un bolognese, si sa dal più al meno dove stanno di casa, ma quello lì, se me la conduceva al suo pajese, dov l'andàvia a pscar per combinare il matrimonio?

A proposit: quèl biricchein del copista l'ha piantata... ma adèss a n'ho tèimp ed perdrum sugli assessori.

Appena entrato in sala e che gridavo: Ergia, attaccati al vecchio genitore! mi impongono silenzio e i cmèinzen a dir: «Ehi! abbass il gennasio! ohè! Vicolo quartiroli... al n'èl sa brisa che bisògna cavars èl cappèl... Ehi sumaròn, si scopra, abbass, abbass!»

Io che ho sempre conosciuti e rispettati gli obblighi dei proprio stato, io che la ducazione la insegnerei allo stesso Galateo, bruciavo di questo apostrofo ingiusto poichè non mi era possibile muovere le braccia rimaste coinvolte nella caparella e fra della gente che spingeva da tutti i lati.

Me però che mi premeva di giustificarmi col sig. Presidente, esclamai: Scusi! sono impotente!! Cossa volni vèdder! a questa dovuta giustificazione si scatenò una ilarità generale... e uno che mi era vicino e che aveva una mano libera, mi levò gentilmente il ginnasio, ma invez di tenerlo in custodia lo cominciò a passare ad un amico, e quello a un altro e così di seguito ed mod che io veddevo passeggiare il mio cappello comme se fosse abitato, cossa che ci giuro che non mi era mai succeduta! E io ero sempre nella condizione di un ragazzol ed nassiòn, quando è fasciato comme uno zampone di Modena nel momento della cucitura. Ormai èl mî pover cappèl era sparito e d'altra banda cossa potevo fare per ricuperarlo?! Perduta la figlia, perduto il cappello... che cossa mi rimaneva?! Oh! ce lo dicco subito: La rassegnazione, e così feci, a lassò incossa in braccio agli eventi e mi misi a stare attento alla causa del processo.

Am pias che dicono: sono vietati i rumori nella Corte... at lass po dir se fossero permessi!

Mentre ero in quella ristrettezza di spazio che ci ho detto, a sinteva lì giù propri int la còurt quî dai foj che i zigaven, piangevano i bollettini del resoconto... dei cani che favano il bordello, e quindi per quant stassi inorecchiato, an m'era fattebil capir quello che dicevano quî dalla toga, che c'era uno che parlava di medicina, sebbèin che al fatt succedesse a Bologna, e lascia pur dir a lui che per me non avevo altro intento che il pensiero della ragazza che aveva già fatto relazione con l'etranger e se la riddevano, lungi da questo povero padre che a forza ed sacrifezzi a l'ho tirà su per le vie della onestà e della temperanza.

E èl mî pover gennasiein che era già scomparso dalla superficie e che non ci contavo più sopra?! Mah! sono vaghi fasti dell'esistenza umana e chi lo avrebbe detto che uscito in cappello, a srè andà a cà in cavî?!

Intant lo stringimento era dvintà acsè terrebil che c'erano dei discorsi a psèir avèir èl respir, quindi am veins la bona ispiraziòn d'andar fora... ah, la presenza di spirito in certi casi l'è una gran risòursa, dseva quèl ch'aveva veint 12 sold al luttein.

Percui sèinza gnanch salutar il signor Presidente che m'aveva gentilmente permesso d'andar dèinter, a furia ed lavurar di gomito, a riussè a vgnir fora!

Che s'imaginano bene cossa mi tocca di vedere? Èl mî cappèl mess sù pr'una man di quelle statuve ch' j ein a custodia degli scaloni... e un biricchein che stava lì a riddere e poi diceva:

— Quai a chi lo tocca!

Puvrein! Sintî ch' catarr!! dseva quèl ch'era custipà. Senza darci neanche mente, ripresi il mio cappello e me l'avviai bestemmiando, si lo confesso anche la bestemmia mi uscì dal labbro e a dess: Malendrein i bambuzz!!! E vî ed scappà... ma quant a fo presso il Pavaglione am vein in mèint che am era dscurdà la mî Ergia... Oh! pader snaturato, a dess in cor mî, e retrocessi indietro, ma non sono appena dall'Istituto technico, che adèss i disen Crescenti, e a vèdd tutto il popolo che veniva fuori coi giudici che si erano già vestiti da vomini, mo l'Ergia, niente... A dmand ai soldati della guardia che venivano via, si mettono a riddere e mi rispondono in napoletano. A vad sù dalla duneina dai baston che fava fagotto, niente, indson l'aveva vesta... e per cavarsela i disen che non la conoscono.

Cossa avrebbe fatto lei, che lo dichi pure, sgner Derettòur?

Io per mia parte, comme uomo mi misi in una collera che arè magnà la mî òmbra, ma comme padre che sa il proprio dovere, mi gettai a piangere e dissi al portiere che caso la trovassero im la condusessen a casa che si sarebbe dato una competente mancia...

A lass èl purtinar interessantissimo della cossa, e a vein zò per il marciapiedi, quand a sòn lè da quel caffè in piazza dei Tribunali a seint una gran risata e veggio l'Ergia sotto il braccio all'etranger che erano stati a bere il vermutte.

Ingrata, sèinza ed me! e dir che la sa che quella bibita è la mia passione!

Tersuà a lòur sgnòuri.

Dall'_Ehi! ch'al scusa..._, 2 febbraio 1884.

[Illustrazione: ÈL SGNER PIREIN]

  1. Il processo contro Enrica Zerbini, domestica del gioielliere Luigi Coltelli, accusata d'aver assassinato il suo padrone a colpi di martello sulla testa, fu uno dei più celebri processi bolognesi del secolo scorso.
  2. _Ceresa_, pseudonimo del pubblicista e commediografo Cesare Chiusoli.