Ore di città/07

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Ore di città/07  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città edizione postuma

Ingresso ad una villa[edit]

(La villa non c'è più)

Dov'era?

Di chi era?
Da quando è scomparsa e perché?

Gli uomini d'erudizione, i ricercatori diligenti si metterebbero subito all'opera, indagherebbero per sapere, ma i tranquilli ignoranti come me si accontentano di fantasticare...

... Tutti possono ammirare e meditando sognare dinnanzi a questo trionfale ingresso ad esedra che apriva in altro secolo la via a una qualche grande villa settecentesca oggi inghiottita dal tempo.

Non più cancelli, non più allee... ma erba, intorno alle vecchie pietre, erba soltanto. I sottili obelischi si adergono su un prato desolato che a tergo ha i binari della Nord e a fronte altri binari tagliano.

Dalla strada Comacina doveva staccarsi verso l'ingresso solenne un viale che la distanza da pilastro a pilastro fa ritener fosse amplissimo ed oltre i cancelli si può immaginare che il largo viale procedesse dritto e lontano verso la bella dimora dilettosa.

Chi l'abitava? Un qualche lombardo sardanapalo per la sua dolce vita. Qui - penso - convitava amici, ospitava artisti lunge dai vili negozi e sol d'ozi beato e di vivande!

Ottobrate serene e già stanche nei campi e dense e opime di ori nei boschi e di tappeti di fiamma!

Primavere acerbe e brillanti di cieli ventosi, incisi dal profilo dei monti!

Stamane la nebbia decembrina fluttua sulla campagna, agita i suoi veli labili ai margini delle strade, le invade, vi stagna. Nere scatolette precipitose rinserrano ometti nervosi. S'immergono le scatolette nella bianca cortina e gli ometti si agitano impazienti, impediti nella loro corsa. C'è uno che alle dieci dev'essere assolutamente in Cordusio, c'è un altro... ma no, emergono finalmente dalla nebbia, riprendono lo slancio, passano, saettano verso la città.

A quest'ora, nel secolo giocondo, il giovin signore dormiva beato accolto in morbide coltrici, celato da seriche tende, chiuse le dorate imposte.

L'omino d'affari in Cordusio - uscito a fatica dalla sua scatoletta a motore (prima le gambe, poi il busto e infine la testa) - sarà presto tra poco in una lunga, estenuante discussione da cui una sola parola - lira, lira, lira, - emergerà ripetuta, ma il giovin signore ai suoi tempi si sarebbe forse eretto sugli origlieri e delle labbra formando un picciol arco - dolce a vedersi - avrebbe tacitamente sbadigliato...

Nelle giornate di sole questi pilastri, questi obelischi troppo contrastano cogli aspetti del mondo attuale e sono povere vecchie cose, ma nella nebbia, ma nella foschia si recingono di maestà, vivono in tristezza. Aspettano... aspettano qualcuno che non torna. Forse il giovin signore è tuttora lontano per le capitali d'Europa. Forse in quest'ora in qualche remota stazione di posta cambiano i cavalli alla sua grande berlina da viaggio.

E tornerà!

Al calar della sera tornerà quando più cupe le nebbie salgono... I vecchi pilastri, le sfingi di pietra non odono forse lontanissima un'allegra musica di allegri sonagli? Più presso... più presso... È il fragor delle ruote, è il calpestìo dei volanti corsieri. Improvvisi fanali aprono - rossi - le tenebre e la grande berlina passa! I cancelli sono stati divelti per lei! Passa e si dilegua e con essa lontanando va il rullo, il calpestìo, l'allegro concento...

Solitario, l'ingresso solenne della villa scomparsa non è più che un ammasso di tetre maree nella notte.