Ore di città/04

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Ore di città/04  (1988) 
by Delio Tessa
Ore di città

Impiegati 1890[edit]

... anche prima, anche prima... oh Dio! 1870-69-65... ma sì, 1865 l'anno in cui mio papà venne assunto alla Cassa di Risparmio... M'è capitato sott'occhio per caso uno dei più recenti bandi di concorso di quel venerando Istituto. Santo cielo! È possibile presentare tanti documenti? E procurarseli?... E poi far l'esame?... E poi aspettar l'esito?... Ih... come è difficile la vita! C'è troppa gente istruita, troppa gent de penna... io, per esempio, perché scrivo?...

Meglio, molto meglio è l'essere assunto per chiamata come si usa anche ora per i pezzi grossi che tutti si contendono mentre gli altri - poveretti - devono far porta e poi infine vedersi sbatter l'uscio sul muso!

Anche mio papà nel '65 entrò alla Cassa per chiamata. Ma davvero, sapete, proprio materialmente, per chiamata... dalla finestra! La nonna abitava in San Paolo al primo piano e la Cassa di Risparmio era di faccia nella casa ove adesso c'è la Società del Giardino.

La nonna, vedova con quattro figli, voleva mettere a posto perlomeno il maggiore. La mattina quando dava ordine e le finestre erano aperte, scambiava quattro parole cogli impiegati dall'altra parte della strada. Aveva così conosciuto el sur ragionatt in capp e gli si era confidata.

«Sur Griffin, me raccomandi, me fidi de lu».
«Che la lassa fà de mi, sura Livia».
Una bella mattina el sur ragionatt in capp si affaccia alla finestra.
«Sura Livia!... Sura Livia!...»
La nonna accorre.
«Gh'è on quaj coss? gh'è on quaj coss?»
«Sì, sì, el gh'è el post, el gh'è. Che la me manda chì el sò fioeu... subit!»

E così fu. Mio padre scese le scale di casa, traversò via San Paolo e salì le tre rampe dell'altra scala di contro; entrò alla Cassa e vi rimase quarant'anni!

Quarant'anni!! L'organico!! Voi non sapete e non potete immaginare che cos'era l'organico della Cassa di Risparmio in quegli anni felici. Come la Tavola dei Diritti dell'Uomo era qualche cosa di sacro, di intangibile. Se uno proprio non ammazzava il Presidente o non svuotava le Casse dell'Istituto era impossibile dimetterlo. Poi - in forza dell'organico - erano tutti in fila, in fila indiana; se uno non andava avanti, l'altro, quello di dietro, non poteva fare un passo. O morire o andare in pensione!

So che nel suo ultimo anno d'impiego il mio povero papà lottò disperatamente sull'orlo della trincea per mantener la posizione e raggiungere un famoso quinquennio che gli avrebbe dato qualche maggior diritto.

Ai funerali i suoi colleghi rubavano i nastri delle corone e lui se li trovava sulle spalle quando scriveva: «Per affettuosa memoria... i tuoi colleghi».

O pensione o morte! Era il grido di tutta la fila!

Quando finalmente qualcuno decedeva o meglio, pressato dagli anni e dalla coda, se n'andava, facevano un gran pranzo per festeggiare le promozioni dimenticando magari la morte che le aveva originate.

Uno di questi pranzi si tenne a Brunate allo Spaini (c'è ancora? e se c'è, come si chiama adesso?) In funicolare non ci stavano tutti. Andarono su in due gruppi. Il primo era già arrivato e stava aspettando l'altro che saliva. Parlavano intanto e ridevano allegramente perché tutti avevano fatto un passo innanzi. Soltanto el Delacchi di solito faceto era lì melanconico, non diceva niente.

«Oeij Delacchi, coss t'è capitaa?»
«Uff... nient».

Non bisogna dimenticare che el Delacchi, per essere molto giovane, era indietro nell'organico... guardava così tristemente il carrozzone funicolare che veniva su coll'altra mettuda e crollava il capo...

«Coss te guàrdet? Coss te penset?»

«Pensi... pensi - e fissava la funicolare coi colleghi in arrivo - pensi... che se se romp la corda mi deventi casser!»

In via San Paolo nei suoi uffici la Cassa aveva adottato per la prima gli zoccoli di stucco alti sino a mezza persona. Una novità assoluta! D'estate, quando si torna accaldati dalla strada è un sollievo accostare la fronte ai vetri. Lo stucco, come il vetro, come il marmo, dà la stessa sensazione di freschezza. Un giorno el ragionatt Griffin entrando trova i suoi subalterni disposti torno torno le pareti immobili come statue.

Com'erano?

Mah! Santo cielo come si fa a scriverlo sul giornale?... Insomma, prendevano il fresco...

D'inverno negli studi dei consulenti legali i caminetti scoppiettavano allegramente. Gli avvocati faseven foeugh in attesa che le pratiche venissero su. Le pratiche giravano in distribuzione per i corridoi su dei bei carrettini colle ruote di gomma precedute e seguite da impiegati...

I consulenti le esaminavano senza fretta. Il notaio Bertoglio lasciava loro persino delle poesiette in milanese per sollecitarli. Lo complimentavano ma non serviva.

Nonostante la calma capitava che qualche avvocato prendesse dei granchi.

Così fu che una volta il parere per la concessione di un mutuo, dato favorevole, passasse ad altro ufficio per alcuni rilievi. Qui si accorsero dell'errore e qualcuno si recò dall'avvocato.

«Oej ti! Coss t'ee fottàa?»

Si conceda il mutuo... «Ma com'è? t'ee minga vist che gh'è sù... t'ee minga vist che ghe cala... tornegh a guardà dent. Mi me par che se pò minga...»

Il consulente si scaldava al caminetto.

«Oeu la puttasca!... Gh'è bisogn de fà tanto frecass? cossa gh'è scritt chi inscì?» 'Si conceda il mutuo' Oh ben, l'è subit faa... mettegh dennanz on bell 'non'... 'non si conceda' e amen!» Adesso se un disgraziato ha bisogno di una breve licenza deve presentare una domanda in carta da bollo... una volta...

«Ti uij... (si davan tutti del tu) te me dett vintiquattror de permess?»
«Sì, va là, dove te gh'ee de andà?»
Andava a spasso. Oh bella!

Con 24 ore di licenza avrebbe dovuto star via un giorno solo. Invece, passa un giorno, passa un altro e mai non torna, proprio come il prode Anselmo!

Fresco come una rosa si fa vivo soltanto in fin di settimana.

«Ma com'è? T'hoo daa vintiquattror e te see staa a cà quatter dì; l'è la manera de fa'?»

«Scusa, dimm on poo, ti te me daree minga de permess i or che mangi e che dormi. Chi se lavora ses or al dì, quatter per ses fan vintiquatter sicchè quatter dì hin giusta i vintiquattror che te m'ee daa...»

Morivano vecchissimi. Li incontravi sulle panchine dei giardini pubblici, di preferenza intorno alla gabbia degli uccelli o sul viale delle balie.

Menavano a spasso i nipotini...
«Ciao ti... e quest'chì chi l'è?»
«L'è el piscinin de la mia Luisina...»
I bambini si fermavano a tutte le vetrine.
«Nonno, cos'hinn qui lì?»
«Hin benis».
«Crompomi!»
«Hin de sass!»

... Alcuni, per tener duro ancora di più erano andati a stare in campagna. El Bolches a Caslin, el Canz a Ghiffa... Quasi cieco e sordissimo el Canz non sapeva più niente del mondo. Quando scoppiò la guerra nel '15 i suoi nipoti, tutti richiamati, vollero portar la grande notizia allo zio, a lui che era stato con Garibaldi.

«Zio, gh'è la guerra!»
«Eh? Coss'è?»
«La guerra! La guerra!»
«La guerra?»
«Sì, la guerra... cont i todesch!»
«I todesch? Chi hinn i todesch?»
Pover Canz! Non ci fu verso d'intendersi!