Il Malinverni, cantore dall'ispirazione subitanea, che rende immediatamente le cose, talchè pare la natura stessa parli pel suo labbro canoro, ha esplorato tutti i lirici suoi predecessori d'ogni secolo e d'ogni clima; chi ha orecchio da intendere sente ch'egli ha voluto vedere come il cavallo Pegaso cammini d'ambio e caracolli o corra e voli in Parnaso, e per quanti rivoli e rivoletti vi s'aggiri e scorra il fonte Ippocrene attraverso i margini fioriti o le rocce orride e per le cascatelle zampillanti o i placidi laghi.
Non è vero che il poeta nasca e si faccia l'oratore. Occorre bene che il poeta nasca, perchè
A cui natura non lo volle dire
Nol dirien mille Ateni e mille Rome;
ma il poeta di sola nascita e che si faccia avanti così
ignudo come ci viene dalla natura, non fa una troppo
bella figura nella nostra società, che è un prodotto così
complesso, una natura che da troppo volger di tempo,
da millennii s'è fatta storia.
E nel nostro (come in ogni poeta che si rispetti, della
lingua o del dialetto non monta) insieme con la divina
ingenuità nativa non cancellata, con la "virtù che sua
natura diede", salutiamo quella figliola della natura e
quasi nipote di Dio (al dire di Dante) che è l'arte. Su
quell'animo, pure dotato della sensitività del riflettere
immediatamente come lastra fotografica il paesaggio e
lo stato d'animo altrui e il proprio, son passati la esperienza e il dolore. Egli ha comunicato con gli spiriti
VIII