Page:Labi 1998.djvu/198

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clientela con le famiglie dei villaggi e potevano contare su una fitta rete di complicità e di omertà che rendevano quanto mai difficili le iniziative repressive.

Nelle comunità della Valcellina esisteva una compatta struttura, fatta di larghe solidarietà e di strette connivenze. Tutto il contrabbando avveniva sotto il diretto controllo di una banda, con una complessa e articolata organizzazione interna. Al vertice un gruppo di famiglie in grado di anticipare ingenti somme per l’acquisto di grosse partite di tabacco e per l’allestimento delle carovane. Ad un livello intermedio i più stretti collaboratori, dislocati in ogni villaggio, che proteggevano con le armi i convogli, mantenevano i contatti con i rifornitori austriaci, contattavano gli informatori e predisponevano i magazzini dove veniva depositata la merce. Alla base la manovalanza e la folla dei montanari, ingaggiati per il trasporto del tabacco. I proventi e le risorse che affluivano nelle vallate erano ingenti: in una inchiesta del 1795 venne calcolato un guadagno annuo di oltre 10.000 ducati, in grado di garantire ampiamente il sostentamento di tutta la popolazione dei villaggi.[23]

Le imprese di molte di queste bande - alcune delle quali disperse dopo una estenuante caccia durata per anni - si radicarono a lungo nella memoria e neH’immaginario collettivo delle popolazioni rurali, soggiogando gli indecisi, intimorendo gli avversari, accattivandosi le simpatie di quanti si sentivano defraudati dai provvedimenti degli appaltatori che imponevano alti prezzi o spiantavano le coltivazioni di tabacco, intaccando antichi o più recenti privilegi.

Ciò ci aiuta a comprendere come le bande potessero contare anche sugli appoggi delle comunità pedemontane che non solo non perseguivano banditi e contrabbandieri, come previsto dalla legge, ma - soprattutto in alcune zone del Friuli dove esisteva un ribellismo quasi endemico e dove nella seconda metà del ’700 si susseguirono tumulti e sollevazioni contadine - affrontavano armi alla mano le pattuglie di sbirri della Ferma mandate in perlustrazione o costrette a dirigersi verso i villaggi in quota. Episodi dove i rituali dello charivari, con le grida di scherno, le plateali proteste e le percosse lasciavano molto spesso il posto a violenze esasperate e a brutali linciaggi.

Resta ancora da sottolineare come negli ultimi anni della Repubblica da parte di inquisitori, confidenti e funzionari di polizia la figura del contrabbandiere isolato, del cramaro o del montanaro che scavalcavano abitualmente i confini per rifornirsi di tabacco, fosse associata sempre più frequentemente a quella del sovversivo, dell’agitatore politico, pericoloso per la sta-

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BIANCO: LA FRONTIERA COME RISORSA